mercoledì 15 febbraio 2012

Vasi Sanremesi 2012: Prima puntata

Eccoci, come l’anno passato, a commentare il 62° Festival della Canzone Italiana di Sanremo che ha aperto i battenti ieri sera, 14 febbraio. Quale miglior modo di iniziare la prima serata se non con la notizia dell’assenza della valletta Ivana Mrazova, all’ospedale per problemi alla cervicale, e con una bella anteprima in cui ci viene mostrata l’ansia del padrone di casa Gianni Morandi nel pre-puntata? Tre minuti di ansia gratuita anche per il pubblico: utile. A differenza delle scorse edizioni l’apertura del Festival si discosta, quest’anno, dalle solite scene celebrative a toccare le emozioni dei telespettatori, e punta tutto su Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, brillanti e simpatici come al solito. La cover di Uomini soli dei Pooh è il sequel di Ti sputtanerò dell’anno scorso e lo scambio di battute tra i due, per quanto sempre sugli stessi temi (Berlusconi, crisi, tasse), funziona e non risparmia le parolacce: “Il canone RAI va pagato, tanto, quanto sarà?” “112 €” “Sti cazzi!!”. Su una lunga pausa celentanesca viene presentato per iscritto Gianni Morandi che appare subito meno impacciato rispetto a un anno fa e che lascia velocemente spazio alla sigla, coreografata da Daniel Ezralow, dal 2010 a Sanremo, ma un po’ noiosa. Tocca finalmente a Rocco Papaleo salire sul palco dell’Ariston: l’attore e regista lucano si presenta con un loden “alla Mario Monti” e si definisce un “conduttore tecnico”. L’abisso recitativo tra Papaleo e Morandi è evidente ma anche normale: dopo uno scambio di battute, i due arrivano a coniare il nuovo motto di questo Festival, “stiamo tecnici!”. Rocco Papaleo è bravo, bravissimo, ma non può ricoprire il ruolo che fu di Luca e Paolo l’anno scorso, nell’attirare i giovani e nel dare dinamismo al programma. La prima serata è infatti un po’ lenta, poco brillante e vivace, quasi a voler puntare tutto sul superospite di turno; il palco è vuoto senza le cinque persone che lo popolavano nel 2011 e due soli protagonisti, perdipiù over 50, non bastano a riempirlo. Per non parlare poi della comparsata di Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez, quantomai inutile, con una simpaticissima canzone in playback e un leggerissimo, quasi impercettibile, autotune per la Canalis.
La prima serata ha visto l’esecuzione di tutti i brani dei 14 Big, votati dai trecento giurati della giuria demoscopica, presenti in galleria. Solo alla fine si scoprirà che, a causa di un problema tecnico manifestatosi durante la seconda esibizione (di Samuele Bersani), le votazioni di questa prima serata sono annullate e i primi verdetti sono rimandati alla serata di mercoledì. Poco male, un’occasione in più per ascoltare prima di giudicare. Vengono infine presentati i giovani di Sanremo Social, una competizione che si preannuncia molto più interessante di quella dei Big, come ogni anno (ascolta qui le canzoni).
Passiamo rapidamente in rassegna i brani, ricordando che un solo ascolto, live, non può bastare a giudicare una canzone, bella o brutta che sia. Ecco le prime impressioni.

Dolcenera – Ci vediamo a casa: Reduce dal successo di Read all about it, in duetto col rapper Professor Green, Dolcenera propone la solita canzone un po’ insipida che ho paura non lascerà il segno né durante né dopo il festival.
Samuele Bersani – Un pallone: Bersani (molto bello secondo la nostra blogger Erin) indossa le scarpe coi tacchetti e intona le vicissitudini di un pallone con il suo inconfondibile stile. Un brano dal ritmo allegro, molto poco sanremese, strano da ascoltare dal palco dell’Ariston, ma che, come molte canzoni del cantautore romagnolo, richiede qualche ascolto per essere apprezzato.
Noemi – Sono solo parole: Noemi si presenta con dei capelli corti veramente troppo rossi, pessimi, e porta a Sanremo un brano firmato da Fabrizio Moro, vincitore nel 2007 con Pensa. La mano dell’autore si sente per un pezzo abbastanza ripetitivo che non sembra avere la forza dei passati successi, ma sarà da valutare col tempo.
Francesco Renga – La tua bellezza: Una delle migliori voci italiane, se non la migliore, propone una melodia orecchiabile, un misto tra la classica canzone italiana e un goccio di rock, nelle corde del cantautore bresciano. Neanche il tempo di eseguirla a Sanremo che su Youtube è stato rilasciato il videoclip ufficiale:
Chiara Civello – Al posto del mondo: Una bella canzone che però si porta dietro polemiche e discussioni. Al posto del mondo era già stata già proposta da Daniele Magro, concorrente della seconda edizione di X-Factor. Le due interpretazioni sono diverse ma devo dire che preferisco quella di Magro (rimossa da Youtube) con un arrangiamento più essenziale che esalta la melodia. Tornando alla Civello, questa prima esibizione non mostra granché il talento riconosciuto all’estero della jazzista. Perché non proporre un jazz piuttosto che un brano riciclato da un talent show?
Irene Fornaciari – Grande mistero: La battuta è scontata ma il Grande mistero è la presenza, ancora una volta, di Irene Fornaciari sul palco di Sanremo. Ci ha già provato due volte, nel 2009 e nel 2010, dimostrando che non basta essere figlia di Zucchero, né farsi accompagnare dai Nomadi, per fare successo. Ora ci riprova con un brano di Davide Van De Sfroos, ritmato ma veramente inutile. Inspiegabile come una casa discografica possa ancora investire su di lei. Il cognome forse aiuta..
Emma Marrone – Non è l’inferno: Un testo banale e osceno scritto da Kekko dei Modà, involontariamente in continuità con l’intervento di Celentano. Molto pop, molto orecchiabile, con ambizioni impegnate, nella musica e nel testo. Potrebbe vincere per la solita celebrità televisiva degli Amici di Maria.
Marlene Kuntz – Canzone per un figlio: Presentati da Morandi come una band “cool”, i Marlene Kuntz provano a farsi conoscere su un palco importante con una canzone sussurrata e gridata che assolutamente non può essere giudicata in 10 secondi e che sarà difficilmente apprezzata dal grande pubblico.
Eugenio Finardi – E tu lo chiami Dio: Difficile commentare un artista con un genere e uno stile così radicato. Posso dire che Finardi mi ha piacevolmente sorpreso soprattutto nel ritornello “E tu lo chiami Dio / io non do mai nome a cose più grandi di me”. Risolleva un po’ le sorti del festival ma dubito che potrà avere gli stessi risultati del Vecchioni dell’anno scorso.
Gigi D’Alessio e Loredana Bertè - Respirare: Dai primi versi capiamo di essere di fronte alla solita canzone di D’Alessio, quel neomelodico, stavolta rockeggiante con il graffio della Bertè. Il ritornello è imbarazzante, vecchio ma orecchiabilissimo. Il sapore è quello di una certa musica italiana anni ’90 che purtroppo non riesco a definire e ricordare.
Nina Zilli – Per sempre: Stranamente vestita e conciata bene, ma molto dimagrita, Nina Zilli si presenta sul palco dell’Ariston con le sue solite sonorità, quelle dell’album Sempre lontano, ma forse manca una melodia d’impatto. Merita più attenzione, nonostante la spocchia che la Zilli si è caricata sulle spalle prima del Festival, parlando male di talent show e al “sistema”, per poi immergersi al suo interno.
Pierdavide Carone e Lucio Dalla – Nanì: Già vincitore in qualità di autore di Per tutte le volte che… cantata da Valerio Scanu, l’ennesimo Amico di Maria racconta la storia di una prostituta con sonorità molto alla Dalla ma piacevoli. Il brano non decolla mai, rimane un po’ piatto e il contributo di Dalla è minimo. Da riascoltare.
Arisa – La notte: Una canzone dolce e leggera che mette in luce un altro lato di Arisa, quello di interprete più seria e capace, mostrato già nelle sue partecipazioni televisive. Il brano è interessante e una vera sorpresa. Attenti ad Arisa…
Matia Bazar – Sei tu: Ancora i Matia Bazar sul palco di Sanremo, si. Con la solita canzone da Sanremo che dimenticheremo presto o anzi non noteremo neanche e i Matia Bazar torneranno a cantare Vacanze Romane in giro per l’Italia.

Ma veniamo al momento caldo della serata: Adriano Celentano. Introdotto da uno scenario apocalittico, una zona di guerra, che colpisce profondamente Gianni Morandi tanto da portarlo a esclamare “Ma che cazzo è?!”. Celentano risorge con un gran sorriso e un accenno di emozione. Comincia il suo personalissimo show sparando a zero su Chiesa, politica, crisi, Montezemolo, Stato, Aldo Grasso, e difendendo Santoro, il referendum, il popolo sovrano, Don Gallo, in poco più di un’ora di esibizione; compaiono anche Papaleo (eccellente), Canalis (deprimente), Morandi e Pupo, in un trionfo di recitazione posticcia. Fortunatamente Celentano non dimentica di essere un cantante e propone ben cinque canzoni tra cui Prisencolinensinainciusol, dimostrando di essere ancora molleggiato, Il forestiero e Facciamo finta che sia vero, in duetto virtuale con Franco Battiato (musica di Nicola Piovani). Mi spiace parecchio dirlo ma stavolta Celentano ha toppato: mi interessa poco o niente del compenso che riceverà o che darà in beneficienza (vogliamo parlare del compenso di altri? Di meritocrazia in Italia?), ma il tanto atteso momento di Celentano si è dimostrato noioso, statico e troppo lungo. Banalità, qualunquismo e populismo non mi hanno sorpreso perché Celentano è sempre stato diretto, capace di dire cose semplici con parole semplici, grazie a un carisma e a un potere mediatico, rafforzati dal palco di Sanremo. Credo sia necessario che qualcuno ci ricordi anche le cose che spesso diamo per scontate ma senza esagerare: Celentano butta in un unico calderone troppi argomenti, perdendo coerenza e lasciando lo spettatore spaesato, alla ricerca di un fil rouge che conduca a un concetto generale. Spesso manca spontaneità e le celebri pause di Celentano sono dovute a volte dalla lentezza del gobbo, ma lui ci va di mestiere per portare a casa uno spettacolo inconcludente e qualche titolo di giornale.

Una sintesi sarebbe stata più opportuna ed efficace: sarebbero bastati due concetti espressi bene e magari l’esecuzione dell’ultimo singolo Non so più cosa fare. Sarebbe stato bello se Celentano avesse portato sul palco Battiato, Jovanotti e Sangiorgi per un’esibizione corale ed emozionante.

Appuntamento a stasera per la seconda serata del Festival della Canzone Italiana, con i 14 brani dei vip e 4 dei giovani. Ospiti previsti I Soliti Idioti, il dj Martin Solveig con l’incognita Mrazova (e quindi Canalis-Rodriguez). E attenti a Celentano…
D9P

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