Tra le svariate centinaia di nuove uscite musicali, che ogni mese
rinnovano gli ormai tristemente trascurati scaffali dei negozi di dischi, ce ne
sono alcune che proprio non possono passare inosservate. Ci sono band che,
praticamente, non deludono mai. Il ritorno sulle scene di cui andiamo a parlare
è di quelli col botto. Il 30 novembre 2011, i Nightwish tornano a farsi
sentire, e non hanno intenzione di farlo battendo gentilmente sulla spalla del
mondo della musica. In Finlandia sono considerati delle vere rockstar: la loro
etichetta (il colosso del mercato musicale metal Nuclear Blast) li tiene su un
altissimo piedistallo e i nostri, sempre più consapevoli del loro talento,
faticano a non esternare il grande orgoglio che gonfia loro il petto. Per
quelli che non li conoscono, i Nightwish nascono come band metal nel 1996 da
un’idea del virtuoso tastierista Tuomas Holopainen, unico autore di tutti i
brani (testi inclusi) e della visione generale della band. A focalizzare
l’attenzione del pubblico metal (manco a dirlo, per lo più maschile), ben più
del lungo crinito tastierista, è la bella cantante Tarja Turunen. I Nightwish
non sono i primi a inserire una voce femminile su partiture metal, ma sono
senz’altro tra i primi a sfruttarne il canto classico. Tarja è infatti un
superbo soprano. Gli anni ’90 sono la culla di un certo metal veloce e melodico
che serra l’Europa a tenaglia dalla Germania e dalla Scandinavia: i Nightwish,
con la loro unicità, riescono presto a ritagliarsi un posto sempre più
rilevante nel cuore del pubblico, principalmente grazie alle ispiratissime
composizioni di Holopainen e alla magica interpretazione di Tarja (sempre più
il simbolo della band). Album come Oceanborn
e Wishmaster fanno ormai parte della
storia della musica metal. Nel 2005, la rottura. All’indomani della
pubblicazione del meraviglioso Once,
vero spartiacque della carriera del gruppo, Tarja, accusata di aver perso il
contatto col resto della band e di essersi “montata troppo la testa”, viene
gentilmente allontanata. Dopo una sorta di telenovela mediatica, volenterosamente
sponsorizzata dalla Nuclear Blast, la svedese Anette Olzon ne prende il posto
al microfono. Anette è una singer di stampo decisamente più moderno ed è molto
differente da Tarja. Di fatto, i Nightwish hanno deciso di evitare qualunque
paragone col passato. Tuomas si riprende il ruolo di protagonista dando inizio
alla seconda era del gruppo. A chi serve Tarja Turunen quando il tuo sound è
ormai caratterizzante? Se inizialmente, era la voce di Tarja a rendere
riconoscibili i Nightwish, a partire da Once
i tempi rallentano, il riffing si appesantisce, la grandiosa voce del bassista
Marko Hietala gioca sempre più da titolare e i brani si trasformano in vere e
proprie colonne sonore in miniatura. La band trova nuova coesione e nuova compattezza
e smette, di fatto, di essere definibile come “la band di Tarja Turunen”. Dark passion play, datato 2007, è la
naturale prosecuzione del discorso intrapreso con Once. Potente, abbastanza articolato, vario e, tuttavia,
easy-listening. Un nuovo capolavoro, nonostante Anette sembri, talvolta,
trattenersi un po’. Nel 2011, l’attesa per il nuovo album, s’è fatta spasmodica.
A questo punto sarebbe facile per loro svolgere il compitino e portare a casa i
guadagni. Comunque, Imaginaerum alla
fine è arrivato e, in patria, è già campione d’incassi. Ma sarà all’altezza
degli illustri predecessori?
Devo ammetterlo: per un attimo ho avuto paura. Da diverso tempo ormai
in rete circolano news sull’album in esame. La più recente riguardava l’uscita
del videoclip del singolo apripista di Imaginaerum,
Storytime.
Tale videoclip desiderava probabilmente risultare “terrificante”, con atmosfere
burtoniane da fiaba oscura. E terrificante in effetti è, ma non nel senso buono
del termine. La canzone ha comunque alcuni buoni spunti, ma suona troppo simile
ad altri brani del quintetto finlandese. Per un attimo ho temuto il peggio. E
invece no. Imaginaerum, per quanto mi
riguarda, è tra i migliori album della band. Andiamo con ordine.
Imaginaerum è un concept e
dovrebbe essere, in parte, anche colonna sonora dell’omonimo film canadese del
regista Stobi Harju, in uscita il prossimo anno. Interessante il soggetto del
concept, reperibile in rete. Un vecchio compositore, ormai sul letto di morte e
affetto da demenza, non riesce a ricordare nulla se non la sua giovinezza, che
rivive attraverso i sogni. Nel corso degli stessi tenterà di ritrovare quei
ricordi che per lui sono stati più importanti. Nel frattempo, sua figlia tenta
di intrecciare nuovamente un rapporto con il padre, prima che sia troppo tardi.
Veniamo alla musica. I Nightwish sono una delle band che possono vantare il
maggior numero di tentativi di imitazione. Tuttavia, la classe non è acqua. La
classe è talento, gusto, varietà e innovazione. I nostri lo hanno dimostrato
fin dall’inizio, quando suonavano metal più veloce e anche ora che si sono
evoluti. Quello che i Nightwish hanno raggiunto con Imaginaerum è ciò cui ogni band dovrebbe ambire: rinnovarsi senza
snaturarsi. Tutti i brani gridano con forza la propria appartenenza al
repertorio dei finlandesi, pur con la loro diversità. Anette, stavolta da
subito coinvolta nel songwriting, ha finalmente messo in mostra la potenza e
l’espressività che molti di noi intuivano nascondesse nell’armadio, sfoderando
una prestazione davvero ottima sotto tutti i punti di vista e interpretando nei
modi più disparati delle linee vocali pressoché sempre convincenti (che vi
piaccia o meno, nel 90% dei casi il successo di un brano si deve alle linee
vocali). Il disco è composto, suonato e prodotto alla grande… oltre ad essere
molto vario. Dopo l’iniziale Taikatalvi (cantata in finlandese) e
la già citata Storytime (forse il
brano più debole dell’album), il gruppo si sbizzarrisce tirando fuori una gemma
dietro l’altra. Ghost river, con la sua intro solenne e “metallica”, I
want my tears back, la bella e cupamente circense Scaretale, Last
ride of the day, che nel refrain ricorda qualcosa dei grandiosi Sonata
Arctica, o la lunga e conclusiva Song of myself. Tra i brani più
interessanti sicuramente i “lenti” che riescono nel non facile compito di non
risultare mai stucchevoli. Una menzione speciale per quella che ritengo la
carta vincente del platter. Sto parlando di Slow, love, slow, un
brano dal retrogusto che tradisce l’identità dei compositori ma che mi ricorda
a tratti le (alquanto inedite per la band) atmosfere di un fumoso club notturno
che pare uscito da una Los Angeles hard boiled. Fa capolino persino la tromba.
E se ritenete impossibile che questo brano possa convivere con atmosfere folk
alla maniera dell’indimenticata The
Islander, con passaggi degni di uno spaghetti-western (!) e con sonorità da circo degli orrori
reminiscenti dei Mechanical Poet dei primi magnifici lavori, avrete di che
ricredervi. Dopotutto, i più attenti avranno forse notato che, finora, ho
citato praticamente l’intera tracklist. Forse mi sentirei di affermare che
l’uso delle voci bianche non è dei migliori. Altri progetti musicali, come ad
esempio la prog-metal opera Aina (che vi consiglio caldamente di ascoltare),
hanno fatto davvero molto meglio con il loro coro di bambini. Questo Imaginaerum è comunque un lavoro di
caratura elevatissima. Se siete fan della band è assolutamente da fare vostro.
Se siete ancora orfani di Tarja Turunen, e vorreste riavere i Nightwish di
Wishmaster, potreste tranquillamente “bypassare” questo lavoro dal momento che
i cinque paiono tutt’altro che intenzionati a tornare sui loro passi. Ma non
ascoltare Imaginaerum sarebbe un vero
peccato. Per tutti gli altri, l’ascolto è caldamente raccomandato. Nella
speranza che continuino così, i Nightwish possono tornare al banco e guardare
dall’alto in basso i compagni di classe ancora per un po’: promossi a pieni
voti. Valeva la pena aspettare quattro anni.
Spectraeon_86
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