Quarto capitolo della celebre saga piratesca prodotta dalla Disney, Pirates of the Caribbean: On stranger tides (letteralmente, “su onde più strane”) è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi e italiane il 18 maggio. Le differenze con i precedenti episodi sono marcate: il regista Gore Verbinski, “papà” della saga, è stato sostituito da Rob Marshall (Chicago, Memorie di una geisha, Nine), la bella Keira Knightley ha ceduto il passo alla sexy Penelope Cruz, le ambientazioni principali delle riprese sono state le isole Hawaii anziché quelle caraibiche, e per la prima volta il film è disponibile anche in 3D. La storia, liberamente ispirata al romanzo On stranger tides (Mari stregati) di Tim Powers, inizia con l’impavido, irriverente e buffissimo capitano Jack Sparrow (alias l’inossidabile Johnny Depp) intento a liberare il suo storico primo ufficiale Gibbs (Kevin McNally) da una sicura impiccagione presso il tribunale di Londra. Dopo un’apparizione-cameo di suo padre, il capitano Teague (Keith Richards), Jack incontra Angelica (Penelope Cruz), una piratessa che si spaccia per lui nel tentativo di radunare una ciurma e partire verso la leggendaria fonte della giovinezza, meta ambita da molti potenti. Jack e Angelica, che in passato hanno avuto una relazione burrascosa, si ritrovano a bordo della stessa nave, comandata dal malvagio Barbanera (Ian McShane), in gara contro il corsaro Hector Barbossa (Geoffrey Rush), vecchia nemesi di Jack ora corsaro reale con una gamba di legno, e una spedizione militare del re di Spagna. Si narra che la fonte della giovinezza richieda un rituale esoterico per operare il suo miracolo: ci vogliono due calici d’argento dell’antico conquistador Ponce de Léon, una lacrima di sirena (tutt’altro che facile da ottenere) e una vittima sacrificale...
Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare è un film riuscito solo a metà. Se da un lato è perfettamente in grado di avvincere e divertire per tutti i suoi 141 minuti di durata, dall’altro trama e personaggi non convincono appieno, in particolare Angelica e Barbanera. Penelope Cruz, che personalmente trovo di una bellezza intensa e ammaliante, dà il giusto tocco di malizia femminile alle vicende e alle volte si rivela una degna controparte dell’istrionico Johnny Depp, ma il suo personaggio in bilico tra due amori molto differenti finisce per diventare poco sensato e persino antipatico. Geoffrey Rush, in deciso contrasto con il suo precedente ruolo di arguto logoterapista in Il discorso del re, impersona il pirata più folkloristico di tutti, ma per molti Barbossa non si distinguerà a sufficienza dal piattamente perfido Barbanera. La trama ha alti e bassi, con momenti epici e altri davvero troppo inverosimili, e anche le trovate comiche e sentimentali sono altalenanti: emblematica la side-story del reverendo Philip Swift (Sam Claflin) e della sirena Serena (Astrid Bergès-Frisbey), che per un po’ porta della gradevole delicatezza nelle crude vicende di Jack e soci per poi venire del tutto sprecata nel finale frettoloso. Due ulteriori osservazioni: il motivetto musicale della saga e le sue variazioni sul tema sono riciclate ad libitum, e stufano in fretta; la visione con gli occhiali 3D non aggiunge granché all’esperienza visiva, giusto qualche lama minacciosa e i ruggiti dell’indimenticata scimmietta della nave Black Pearl. Il produttore Jerry Bruckheimer può comunque cantare vittoria, visti i copiosi incassi delle prime settimane di proiezione (90 milioni di dollari negli Stati Uniti e oltre 5 milioni di euro in Italia), ma sicuramente si poteva fare di meglio.
Lor
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