Gli spunti di riflessione che questa partita ha fornito sono molti però vorrei partire dal concetto di fondo, quello appunto della vittoria totale. Il Barcellona è sempre stata una squadra spettacolare e che spesso ha puntato sul bel gioco, creando e soprattutto lanciando tantissimi campioni (Kruijf, Maradona, Ronaldo, Figo ecc) però prima del 2006 aveva vinto solo una Champions, quella del 1992, con in panchina il grande Joan Kruijf che dopo aver vinto molto da giocatore con i blaugrana si ripeté anche come allenatore, portando per la prima volta la coppa dalle grandi orecchie in catalogna. L’olandese guidava quello che venne soprannominato il “Dream Team” proprio perché come questo Barça proponeva un gioco armonioso, imbattibile e “totale”. Quella era la filosofia portata da Kruijf, che proseguì poi con Van Gaal e Riikaard fino ad arrivare a Guardiola. Pep era appunto il giovane regista di quella squadra, voluto da Kruijf nonostante i 21 anni proprio per la sua leadership che a dispetto dell’età riusciva a mantenere, in campo e fuori. Guardiola era il giocatore perfetto per praticare quel tipo di calcio e lui ha saputo immagazzinare quella cultura calcistica riportandola poi sul campo, da allenatore, quando gliene è stata data la possibilità.
Tornando però alla vittoria di ieri c’è da dire che è apparso chiaro come la squadra terrestre più forte degli ultimi anni, il Manchester United, capace di arrivare in finale 3 volte negli ultimi 4 anni, non possa nulla di fronte a quella squadra che ormai di umano ha più ben poco. Il barça ha raggiunto un’identità, un gioco, una coesione che difficilmente si vedono altrove. Ovviamente il tutto è favorito da una generazione di fenomeni che non a caso ha portato anche la Spagna a vincere Europeo e Mondiale nel giro di 4 anni. Qui però c’è anche il marziano per eccellenza, Lionel Messi, che pur non essendo spagnolo, proviene dalla cantera, curato quando, per problemi legati ad una patologia di nanismo, in pochi avrebbero scommesso su di lui, fatto crescere assieme ai suoi compagni, plasmato nella filosofia di gioco che ha il Barcellona, ne è venuto fuori mostrandosi grande. A 24 anni ha già vinto tutto tranne il mondiale, deliziando milioni di persone con le sue giocate leggere, naturali, segnando tantissimo (53 gol stagionali) e mostrando una concretezza impressionante.
La vittoria totale però abbraccia anche altri aspetti che non sono "di campo" ma che con il campo sono direttamente collegati. Pep Guardiola non è solo un grande tecnico, uno che ha preso il Barça e ne ha valorizzato tutto il possibile; Pep è un uomo con una grandissima umanità e umiltà. Nel 2009 al termine della finale di Roma vinta al suo primo anno da allenatore, dopo essersi aggiudicato anche Liga e coppa del Rey, durante un ‘intervista nel post partita dedicò il suo primo pensiero a Carlo Mazzone, suo ex allenatore ai tempi del Brescia, che non aveva potuto assistere alla finale a causa di un malore. Guardiola nel 2008 prese una squadra al collasso, disunita nonostante fosse piena di giocatori giovani che tanto avevano ancora da dare; fu bravissimo a riportare la giusta serenità all’interno dello spogliatoio, eliminando le mele marce che non avevano più gli stimoli e l’interesse a far bene per la sua squadra (Eto’o, Ronaldinho, Deco ecc) ed essendo stato per 2 anni l’allenatore del Barcellona B, la squadra giovanile, riportò anche la tradizione del passaggio dalla seconda alla prima squadra dei giovani cresciuti nella cantera, intrisi di storia e gioco catalano. Pedro, Busquets, Piquè, Jeffren Bojan sono tra i tanti a cui Guardiola ha dato fiducia nello scetticismo generale (come puoi far giocare Pedro con Ibra in panchina? Busquets non vale metà Mascherano, come può essere il titolare?) eppure loro si sono dimostrati campioni all’altezza, perfettamente a loro agio in un gioco che praticano da quando hanno iniziato a tirare i primi calci ad un pallone.
Pep però in questa finale è andato un po’ oltre inserendo nella formazione titolare Erik Abidal, il terzino sinistro che meno di 70 giorni fa è stato sottoposto ad intervento chirurgico a causa di un tumore al fegato. Farlo giocare al posto di Puyol, il capitano, e successivamente fargli alzare da capitano la coppa per primo è stato un gesto che va oltre il calcio ma che col calcio rimane collegato, perché tutti i suoi compagni erano doppiamente felici di poter rigiocare con lui e questo è un fattore che va ad influire sul morale dei giocatori.
Parlando di morale e di carattere rimane disarmante vedere la reazione, o meglio “non reazione” avuta dai giocatori del barça dopo aver subito il pareggio di Rooney. Hanno continuato a giocare e ad attaccare come se nulla fosse, consapevoli che prima o poi un altro gol l’avrebbero segnato.
Quindi è giusto celebrare una squadra che rimarrà nella storia del calcio perché è vero che quest’anno non sono riusciti a centrare il triplete, ma è con i cicli vincenti che si viene ricordati nel tempo. 2 Champions League in 3 anni da allenatore per Guardiola valgono tantissimo e questa squadra ha giocatori giovani che hanno ancora tanto da dare: è il loro momento, per ora agli altri non rimane molto altro da fare se non applaudirli e gustarsi questo spettacolo...
Mywo
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