martedì 18 ottobre 2011

I tre moschettieri 3D tra steampunk e citazioni

Distrutto da buona parte della critica e dal pubblico, I tre moschettieri targato Paul W.S. Anderson (Alien vs Predator, Resident Evil) riscrive la storia di Alexandre Dumas con un cinema palesemente (eccessivamente?) citazionistico. Appare più che ovvio sin dal trailer che lo spettatore cinematografico non può e non deve aspettarsi una trasposizione fedele del romanzo o un film d’autore o d’essai: I tre moschettieri non ha questo tipo di pretese e mischia al suo interno le intuizioni più interessanti del cinema d’avventura e fantascientifico degli ultimi anni. Inutile dunque criticare ferocemente un film che vuole essere solo due ore circa di puro intrattenimento e piacere estetico.
La trama è sempre la solita seppur con qualche cambiamento: un giovanissimo D’Artagnan/Logan Lerman (Percy Jackson, Gamer), dal viso quasi femmineo, desidera diventare moschettiere a tutti i costi e dopo esser giunto a Parigi e aver “casualmente” incontrato i tre più famosi moschettieri Athos/Matthew Macfadyen (Robin Hood, Frost/Nixon), Portos/Ray Stevenson (Thor, Codice Genesi) e Aramis/Luke Evans (Robin Hood, Scontro tra titani), dimostra il suo valore e viene accettato dal trio. Un Re Luigi XIII che fa saltare sulla poltrona per la sua ambiguità e la sua stupidità convoca i quattro protagonisti e si complimenta con loro, con somma rabbia per il perfido Cardinale Richelieu/Christopher Waltz (ormai il cattivo per eccellenza in Bastardi senza gloria e The Green Hornet). Dalla seconda parte del film inizia la missione dei tre moschettieri e D’Artagnan per rovinare i piani a Richelieu, aiutato dalla spia Milady de Winter/Milla Jovovich (Giovanna D’Arco, Resident Evil), e vendicarsi del Duca di Buckingham/Orlando Bloom (Il Signore degli anelli, Pirati dei Caraibi). E come non aspettarsi un bel finale super aperto in pieno stile Troy.
La bassa caratura del film fa passare in secondo piano il cast, che è invece stellare: la personalità dei vari attori tiene in piedi il film e ci dona un’importante caratterizzazione di ciascun personaggio. 
Il film si muove tra azione, ironia e una buona dose di steampunk. Per chi non sapesse cosa significa quest’ultimo termine, lo steampunk è un genere che introduce in un certo periodo storico una tecnologia anacronistica: per capirci, si può citare a esempio il Wild Wild West di Will Smith, in cui giganti ragni meccanici passeggiano per il deserto, o il recente Sherlock Holmes di Guy Ritchie, così come tanti altri. In questo film ci troviamo davanti ad armi troppo moderne e a navi in grado di volare tramite un pallone aerostatico, bersaglio perfetto per far precipitare a terra le navi. Ma ovviamente solo i nostri quattro eroi avranno questa intuizione geniale...
Una scelta che si integra benissimo con lo stile citazionista di Anderson perché lo steampunk gli ha permesso di riproporre (o copiare) scene e idee di numerose altre pellicole e videogiochi: da Assassin’s Creed a Matrix, da Pirati dei Caraibi a Sherlock Holmes, fino a tantissimi altri dettagli presi da altrettante opere. Le citazioni e le assurdità de I tre moschettieri sono troppo palesi per non essere coscienti e non fanno altro che aumentare la spettacolarità delle immagini, innegabile come punto forte del film. Il tutto condito da un 3D per niente fastidioso, forse perchè semi-assente.

I tre moschettieri risponde perfettamente ai suoi intenti, intrattiene e diverte, consegnandoci anche momenti di “ma come fa??” o “ma dai!” fino al finale “ma che c***ata!” che però fanno parte del gioco. Se non fosse per quei 10/11 € del biglietto…

A seguire il trailer del film in cui, guarda caso, c'è una musica molto simile al celebre tema dei Pirati dei Caraibi:

D9P

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