Dieci posizioni nel ranking FIFA (dal sedicesimo al decimo posto), primato nel girone per le qualificazioni a Euro 2012 e miglior difesa tra tutte le squadre europee.
Questi sono alcuni dati che di per se dovrebbero già dare la dimensione di ciò, che in questo anno e mezzo, è riuscito a fare Cesare Prandelli. Ricordo a tutti le condizioni in cui il tecnico bresciano trovò questa nazionale: reduci da un mondiale penoso, senza nemmeno esser riusciti a passare il girone eliminatorio (non succedeva da 40 anni), con un gruppo sfaldato, senza idee e privo di prospettive.
I meriti maggiori sono stati quelli di esser riuscito a trasmettere in brevissimo tempo lo spirito di squadra che ha sempre contraddistinto i suoi team, in particolare l’ultimo, la Fiorentina, senza dimenticare il Parma. Il reparto su cui si è lavorato maggiormente è senza dubbio il centrocampo, in quanto è da lì che è partita la rivoluzione prandelliana. Gli ultimi due tecnici, Donadoni e il Lippi bis, hanno entrambi puntato su moduli che prevedevano attaccanti esterni o ali offensive (4-3-3 e 4-2-3-1), il merito di Prandelli è stato quello di accorgersi come l’Italia sia , in questo momento, totalmente priva di giocatori d’attacco utili a sfruttare a dovere tali moduli. Cerci, Pepe, Giaccherini e Giovinco (che però allontanato dalla porta perde gran parte della sua forza) sono gli unici giocatori adatti, e rappresentano ben poca cosa, sia in quanto a spessore tecnico, sia per quanto riguarda l’esperienza internazionale e l’abitudine a giocare a grandi livelli.
Di contro, l’offerta in quanto a centrocampisti che avessero determinate caratteristiche, sia tecniche, sia caratteriali e anche d’esperienza non mancava. Anzi in questi ultimi anni ci sono giocatori come Marchisio, Montolivo ed Aquilani che hanno finalmente fatto il definitivo salto di qualità e, affiancati da gente come Pirlo e De Rossi, hanno potuto esprimere tutto il loro valore. L’idea di gioco prandelliana è quella di una squadra che gestisca partita e possesso palla, giocando con un 4-3-1-2 senza un vero e proprio trequartista ma con tutti centrocampisti abili nel palleggio e capaci ad inserirsi per diventare pericolosi in zona gol. Con questo modo di giocare si è fermata la Germania in casa loro e soprattutto si è battuta la Spagna campione di tutto in una partita (io c’ero!) in cui l’Italia ha dimostrato di potersela giocare alla pari con chiunque.
Come dicevo in precedenza, gli azzurri con due soli gol subiti, hanno la miglior difesa in assoluto tra tutte le squadre che hanno partecipato alle qualificazioni per l’europeo. La fragilità del reparto arretrato era stato uno dei grossi problemi al mondiale, mentre Prandelli nonostante abbia cambiato pochissimi effettivi, è riuscito a ridare la giusta stabilità. Tutto ciò è stato possibile anche grazie alla rivoluzione nel modulo e nei giocatori: paradossalmente un centrocampo senza mediani puri è riuscito a dare compattezza a tutta la squadra, rendendo la difesa molto meno esposta, garantendo un maggiore possesso palla e facendo di fatto calare le occasioni concesse agli avversari. La squadra è riuscita sempre a rimanere corta, le transizioni difensive sono state rapide in quanto l’apporto dei centrocampisti è stato immediato, essendo tutti quanti molto duttili e dinamici. Oltre a quelli già citati, Prandelli ha dato fiducia a Nocerino e Mauri, entrambi preziosi e perfettamente adattabili a questo tipo di gioco, oltre che a Thiago Motta del quale, a mio avviso, si potrà tranquillamente fare a meno, in quanto troppo lento e compassato.
L’attacco ha anch’esso subito diverse variazioni, più che nei giocatori, nel tipo e nella concezione del ruolo. Le prime punte alla Luca Toni sono state semi bandite, sostituite da giocatori completi, spesso veloci, abili nell’uno contro uno, giocatori moderni. Il tandem preferito dal tecnico di Orzinuovi è Cassano – Rossi: entrambi sotto il metro e settantacinque, non sono di certo una coppia di corazzieri eppure si integrano molto bene, e hanno la giusta esperienza anche internazionale. Ad essi va affiancato Pazzini, forse l’unica vera prima punta che Prandelli ha sempre chiamato, in quanto attaccante moderno, capace di svariare su tutto il fronte d’attacco; Giovinco che ha iniziato alla grande il campionato e Balotelli che rimane pur sempre un incognita e molto dipenderà da quello che sarà in grado di dimostrare, con la maglia del City, nel corso della stagione. C’è con tutta probabilità ancora un posto vacante e sarà ovviamente la stagione a determinare chi ne sarà il possessore, con i vari Matri, Quagliarella, Borriello senza dimenticare, come detto da Prandelli in una recente intervista, anche Totti, Di Natale e Del Piero.
Questa nuova Italia può finalmente guarda agli europei che si svolgeranno in estate con rinnovato ottimismo, conscia che nazioni come Olanda, Spagna e Germania rimangono pur sempre favorite, ma noi abbiamo ritrovato un gruppo unito, compatto e capace di giocarsela con chiunque, e il merito è principalmente di Prandelli.
Mywo
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