Grandi soddisfazioni arrivano immediatamente dagli interpreti, primo fra tutti il bastardo senza gloria ma con l'oscar Christoph Waltz. Di questo attore austriaco, vera rivelazione dell'ultima pellicola di Tarantino, si potrebbe pensare che corra il rischio di fossilizzarsi nello stesso personaggio visto che dopo aver interpretato il colonnello nazista Hans Landa veste ora i panni di un avvocato al soldo di una compagnia farmaceutica, se non fosse pre gli innumerevoli ingaggi hollywoodiani che gli sono piovuti addosso recentemente (da Green Hornet ai Moschettieri 3D, di cui l'umanità avrebbe sicuramente fatto anche a meno, fino alla prossima fatica di Pulp Quentin, Django Unchained, la cui uscita è prevista per il 2013). Ma anche Jodie Foster, Kate Winslet e John C. Reilly (l'unico del quartetto senza statuetta) se la cavano piuttosto bene.
Ma tornando alla carneficina che Polanski ha presentato a Venezia ai primi di settembre e nei cinema dal 16 settembre: Carnage è l'adattamento cinematografico della pièce teatrale Le dieu du carnage di Yasmina Reza, drammaturga francese che per l'occasione accompagna Roman alla sceneggiatura. La narrazione si apre con un campo medio-lungo su un parco di Brooklyn (unica scena in loco, sempre per quella robetta del mandato di cattura, per cui tutto il resto del film è stato girato in interni parigini), dove vediamo un ragazzino somministrare una simpaticissima bastonata in faccia a un suo coetaneo. Da questo episodio prende le mosse il film vero e proprio, ambientato per intero nell'appartamento dei Longstreet (Foster-Reilly), genitori del ragazzino bastonato, che invitano la coppia dei Cowen (Winslet-Waltz), genitori del ragazzo bastonante, per risolvere la questione da persone adulte e civili, ovvero: stabilire le responsabilità, scambiarsi scuse, complimenti, massime morali, ecc. ecc.
Il dialogo a quattro che scaturisce da queste premesse è un piccolo laboratorio psicologico nel quale si alternano dinamiche speculari, opposte e trasversali alle coppie, dalle quali i personaggi escono trasfigurati. Il ritmo è ben sostenuto dalle continue telefonate ricevute dall'avvocato Cowan-Waltz che fanno di volta in volta da contrappunto, intervallo o epilogo delle diverse fasi che attraversa il quartetto, permettendo allo spettatore di superare i 79 minuti del film senza sviluppare una claustrofobica insofferenza per l'unica location che gli viene presentata.
L'ironia e l'umorismo ricordano il Woody Allen meno autocelebrativo (quello dove Woody non interpreta in prima persona qualche personaggio, per intenderci) forse con qualche scarto un po' brusco in alcuni passaggi, là dove il film inizia a premere sull'acceleratore per salire le marce delgrottesco e della trasfigurazione dalla prima all'ultima. Piuttosto che sbavature un po' sopra le righe degli attori, a mio parere, si tratta di enfasi dovute per lo più alla derivazione teatrale del testo che nel complesso restituiscono una commedia molto godibile, dove tutti e quattro gli interpreti fanno dannatamente bene il loro lavoro sostenendo la loro parte (e non solo).
gli intrepidi interpreti sostengono il regista
Nessun commento:
Posta un commento