Soldi, spettacolo, stadi all’avanguardia e di conseguenza sempre pieni. L’appeal della Premier League ormai è consolidato e l’ha resa di fatto il campionato più bello e avvincente del globo. Le ragioni sopra citate però non bastano a spiegare l’ascesa di questa Lega: in Premier si gioca a calcio e non a calci. Gli arbitraggi sono molto diversi da quelli presenti negli altri campionati, lì si privilegia il gioco facendo correre moltissimo, permettendo scontri fisici che, in Italia ad esempio, sarebbe tutti sanzionati. Il risultato è un gioco molto più fluido e piacevole da vedere, senza le continue interruzioni presenti nel calcio nostrano. Questa particolare interpretazione di gioco è però favorita dal tipo di cultura che tutti, dai giocatori agli allenatori, dai tifosi agli arbitri hanno. Il clima è totalmente diverso, la partita è presa come uno spettacolo, uno sport che deve sottostare a determinate regole, oltre che di gioco anche morali. Scordatevi, guardando una partita di Premier le proteste plateali per ogni minimo contatto che si vedono in Serie A, scordatevi risse tra galletti esaltati che appena vengono toccati mettono in mostra tutto il loro ego. Il gioco rimane un gioco, le decisioni che sono prese dal direttore di gara vengono rispettate e con essi si ha un dialogo fatto di reciproco rispetto.
Un altro aspetto che ha fatto sì che il campionato inglese arrivasse a questo livello è ovviamente la presenza di stadi di proprietà, costruiti appositamente per il calcio. Stadi in cui andare a vedere una partita è come andare a teatro. Qui però è inevitabile un ritorno al concetto di cultura calcistica oltre che sportiva. In Premier non esistono bandiere, striscioni, petardi o “motorini”; sono ammesse le sciarpe, il buon senso e la voglia di vedere uno spettacolo. Chi pensa di andare allo stadio per sfogare le delusioni settimanali è consapevole del fatto che ci sono telecamere, polizia e celle all’interno degli stessi impianti. Il calcio appunto è visto come uno sport.
Questi due fattori hanno fatto si che negli ultimi dieci anni la Premier abbia attirato l’attenzione di moltissimi grandi imprenditori, magnati, emiri da tutto il mondo pronti ad investire il loro denaro in un qualcosa che magari non gli avrebbe dato un ritorno economico, ma d’immagine sicuramente. In poco tempo tutti i più grandi Club sono passati in mani estere: Manchester United, Liverpool, Arsenal, Aston Villa, West Ham e molte altre ad imprenditori americani; il Chelsea al magnate russo Abramovich, e ultimamente il Manchester City allo sceicco plurimiliardario (si miliardario, non milionario) Mansour.
Il risultato è un campionato aperto, spettacolare, seguitissimo e pieno di campioni. In questa stagione guida in modo abbastanza inaspettato il solito Manchester United del vecchio volpone Sir Alex Ferguson, arrivato alla venticinquesima stagione alla guida dei Red Devils. Questo United è probabilmente il meno forte e quotato degli ultimi 6-7 anni. In estate oltre a qualche giovane è arrivato il solo Cicharito Hernandez ma nonostante questo la squadra è lì davanti a tutti. La peculiarità che da sempre caratterizza questo team è il fatto che i suoi giocatori riescano sempre a capitalizzare le occasioni che gli capitano, riuscendo quasi sempre a fare la cosa giusta nel momento giusto. Il merito è ovviamente dell’allenatore che è in grado di lavorare molto sulla testa dei giocatori.
Al secondo posto troviamo l’Arsenal di Wenger. I gunners sono senza dubbio la squadra più spettacolare della Premier, con il loro gioco armonioso, mai banale, pieno di tanto possesso palla che ricorda il Barcellona. Il tecnico francese ha il grande merito di lanciare ogni anno tantissimi giovani interessanti, infatti la sua squadra ha la media età più bassa del campionato. Un esempio lampante è dato sicuramente da Jack Wilshere, titolare del centrocampo gunners nonostante i suoi 18 anni appena compiuti (1 gennaio 1992). Nonostante sia dal 2005 che l’Arsenal non vince trofei ha una media di spettatori pari a 56000 presenze a partita a fronte di una capienza dello stadio di 60355, proprio a dimostrare quanto sia piacevole il gioco che esprime.
Terzi troviamo i citizen di Roberto Mancini. La squadra dello sceicco Mansour è si in lotta per il titolo ma, anche a fronte delle spese fatte e ancora in divenire, non ha un gioco e si basa sul invenzioni singole dei suoi numerosissimi campioni. In estate sono stati spesi 160 ml di sterline, la rosa a disposizione del tecnico jesino è senza dubbio la più completa, una delle migliori tre al mondo ma non è aggiungendo campioni e presunti tali che si vince in Premier, serve programmazione e soprattutto si deve dare un senso d’appartenenza ai proprio giocatori, cosa che Mancini è ben lontano dal riuscire a fare.
Al quarto posto troviamo il Chelsea di Carletto Ancelotti che dopo la vittoria dello scorso anno e una partenza lanciatissima sta attraversando un momento di crisi di risultati e gioco. Tutto ciò era prevedibile vista l’alta età media dei suoi giocatori e la mancanza di alternative valide ai soliti titolari. A quanto pare Abramovich è stufo del suo giocattolo visto che in estate è arrivato il solo Ramires. Questo è il principale problema delle squadre con un magnate alla loro guida: riescono a rimanere competitive fino a quando ci sono gli investimenti ma non appena questi vengono meno ci si trova in grande difficoltà. Se a United e Arsenal venisse di colpo tolta la possibilità di fare mercato, entrambe rimarrebbero competitive per la lotta al titolo per molti anni visti i grandi investimenti e la capacità dei loro manager di lavorare sull’accademy.
Veniamo ora ad uno sguardo generale sul resto delle squadre: il Tottenham, prossimo avversario del Milan, è lì in lotta per un posto Champions, trascinato dal miglior acquisto della premier di quest’anno, Rafael Van der Vaart e dal sempre più incontenibile Gareth Bale. La squadra più in difficoltà tra le “grandi” è sicuramente il Liverpool: i reds hanno appena cambiato allenatore ma rimangono un team troppo incostante e che dipende totalmente dai suoi due grandi campioni: Steven Gerrard e Fernando Torres, con loro in campo possono giocarsela alla pari con chiunque, senza faticano anche con l’ultima in classifica. Come nota finale è doveroso segnalare il sesto posto in solitaria del Sunderland, la squadra allenata da Steve Bruce sta giocando sicuramente al di là delle più rosee aspettative dimostrandosi solida e molto affiatata.
Ad oggi il divario tra la Premier League e la Serie A appare piuttosto marcato e non facilmente colmabile.
Mywo
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