venerdì 21 gennaio 2011

Ce lo meritiamo


Martedì 11 gennaio 2011: durante la trasmissione televisiva “Ballarò”, il ministro della pubblica (d)istruzione Maria Stella Gelmini esprime la sua opinione sulla scuola superiore pubblica e sull'utilità della sua riforma.
Solitamente non sono il tipo che si scalda, in particolare quando l'argomento di discussione è la politica italiana: ormai preferisco evitarla, o almeno ignorarla, considerata l'immensa mole di inquinamento mediatico dal quale è praticamente impossibile sfuggire. La nausea, che mi assale non appena accendo la tv o sfoglio un giornale, mi ha portato ad uno stato di totale disinteresse, di apatia. In questo caso, però, la situazione mi è sembrata talmente paradossale da meritare una riflessione, e non semplicemente perchè è stato tirato in ballo il corso di studi che ho deciso di seguire, ovvero “Scienze della Comunicazione”. Premetto di non aver visto per intero la trasmissione, ed essere venuto a conoscenza solo successivamente del video “incriminato”; il mio quindi non vuole essere un attacco diretto alla Gelmini, ma una riflessione generale sulla situazione del nostro paese. Il quadro mi sembra infatti molto più ampio e sconcertante, anche e soprattutto dopo aver letto un numero consistente di commenti in giro per il Web. Ma andiamo con ordine. Le prime, enormi incongruenze  emergono già a proposito del carattere tecnico-professionale con cui è impostata la riforma: a parte la (non casuale) confusione tra istruzione superiore e universitaria, in realtà tutto si sta facendo tranne che rendere l'istruzione “professionalizzante”. Ne è una prova il fatto che, nelle intenzioni del ministro, tutte le scuole superiori dovrebbero diventare dei licei, perdendo così tutti quegli elementi che li rendevano davvero caratterizzanti: riuscite ad immaginarvi istituti alberghieri senza ore di pratica in cucina, istituti tecnici senza più laboratori di elettronica, meccanica, fisica, chimica? Presumo di no, ed invece è proprio quello che, in virtù della sua illuminata visione (se si vuole essere ottimisti, per non considerare l'opzione “tagli selvaggi”), il ministero dell'istruzione sta cercando di attuare, e ve lo dice uno che, tra segreterie ed insegnamento, ha mezza famiglia impiegata nel mondo della scuola. Morale della favola: gli istituti tecnici saranno sempre più teorici, quindi davvero in grado di preparare quei “profili tecnici competenti” che vengono vagheggiati dal ministro, mentre la vera formazione pratica verrà sempre più affidata ai centri di formazione professionale, che nella maggior parte dei casi si rivelano dei veri e propri “parcheggi sociali” in cui vengono lasciati i ragazzi che, in qualche modo, devono adempire l'obbligo scolastico.  
Questo per quanto riguarda, in sintesi, la scuola superiore. E l'università? A parte le ovvie considerazioni sullo stato delle cose attuali (mi è sembrato di sentire, tra le altre cose, “fuga di cervelli”) e quelle specifiche del ministro, sulle quali non mi voglio nemmeno soffermare (è proprio grazie all'“inutile comunicazione” che il suo partito è nato e sta ancora in piedi, permettendo a lei di stare sulla sua comoda poltrona), la questione è secondo me più generale ed allo stesso tempo profonda.
E qui arriviamo a tutta la serie di commenti nei quali, scorrendo le pagine di vari siti, mi sono imbattuto. Quello che mi colpisce sempre è la grande capacità della classe politica di aizzare, nei momenti di difficoltà, delle guerre tra poveri, in modo da distogliere l'attenzione dai reali problemi. Una semplice serie di casualità, oppure conseguenza di una mirata strategia comunicativa?
Anche in questo caso, si può tranquillamente concludere che l'obiettivo sia stato centrato in pieno: così, al posto di riflettere con cognizione di causa sull'università e sulle prospettive di lavoro, eccoci tutti impegnati in faide tra studenti degne dei bambini dell'asilo. “La mia facoltà è più difficile”, “il tuo corso di laurea è inutile”, “io per passare un esame devo studiare tremila ore mentre te basta che ti guardi un film con una canna in mano”, ecc... della serie “il mio giocattolo è più bello del tuo!”, “si ma il mio costa di più!”. Sono rimasto senza parole. Coerentemente a quanto vogliono farci credere, tutto ciò che non rientra in produzione, consumo, soldi, non vale più nulla. Gli unici davvero abilitati allo studio sembrano essere gli ingegneri, gli economisti ed i medici. Per il resto? Una banda di nullafacenti, un fardello che la società costituita da questi “eroi” deve portarsi sul groppone. In realtà, oltre a tutto ciò che sta tra questi passaggi – chiave dell'economia e della società  moderna, nello caso specifico è stata semplicemente ignorata un'intera realtà: l'Italia. Già, perchè che cosa serve studiare storia, archeologia, storia dell'arte, ma anche scienze naturali, ecc. in un paese che possiede un patrimonio storico, artistico, culturale, paesaggistico, naturale inestimabile?
Patrimonio che, se sfruttato in modo intelligente, potrebbe quasi da solo far camminare l'intera economia italiana? Dalle parole del ministro, semplicemente niente, e purtroppo non è l'unica a pensarla così. In fin dei conti, è proprio questo a demoralizzarmi di più: la nostra classica propensione a non saper guardare oltre il nostro naso, a rinchiuderci nella nostra torre d'avorio per pensare solo ai propri affari per poi permetterci anche di giudicare. Finchè le cose saranno così, non potrò che continuare a pensare che la situazione di cui tanto ci lamentiamo, in realtà ce la meritiamo. Senza dover dare sempre la colpa alla Gelmini di turno.

ramonz87

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è anche un'altra cosa da dire: Almalaurea pubblica i dati di occupazione dei laureati: i laureati scidecom hanno un tasso di occupazione superiore a quello della media universitaria globale.

Di fatto, è più facile trovar lavoro per un comunicatore che per un ingegnere, dati alla mano.

Alberto

Anonimo ha detto...

vorrei vederli sti dati..

Anonimo ha detto...

ovvio che c'è un tasso di occupazione maggiore: i call center ed i negozi della gdo sono pieni di laureati in sdc

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