Melanconica sveglia. Mi aggiro con passo pesante attraverso
i meandri cosparsi di brandelli di cervello zuppi di rimembranze sbilenche.
Sono sdraiato; su un letto sfatto da non si sa quanto.
Sto fumando, e vicino a me c'è un posacenere, di quelli
brutti e grandi, con le stampe enormi sul loro corpo tozzo di latta. È un
cilindro di latta con un cappello di ferro e un congegno per fare girare e
abbassare un disco metallico al centro del cappello, in grado – tale disco – di
scaraventare la cenere e i mozziconi nell'oblio di un grosso ventre scuro e
chiuso di latta stampata.
Apro la finestra – o forse è stato il vento – e me ne sto
sempre sdraiato sull'informe letto.
Giro di disco, se ne muore il primo mozzicone e cerco di
svegliarmi il corpo con una sequela di stiracchiamenti alternati a posizioni
fetali. Melancolica sveglia; una lettera cambia il suono della sveglia: mi fa
sentire un'eco più lontana, un nuovo punto di fuga del pensiero.
Accendo un'altro futuro mozzicone, fissando il soffitto, le
travi di legno... una nave.
Una nave sveglia in mezzo alla tempesta, scossoni di monsone
a strappare le vele e marinai urlanti coi loro demoni affianco. E capisco
immediatamente che sarebbe facile, troppo facile farsi trasportare, salire su
quella nave e finire prigioniero ai Caraibi, per poi imbastire un carico di
pirati hippy e partire verso una terra promessa; o un naufragio lisergico.
Troppo facile volarsene sempre via. E quindi me ne devo stare qui, su queste
lenzuola bucherellate dalla noia, dentro questa finestra penetrata da fasci di
sole freddo; con addosso una pesantezza aliena e alienante: una ricetta
impossibile scritta sulla mano, che ogni giorno cambia ingrediente.
E la sentirete chiamare felicità, equilibrio, fede,
passione: ha mille nomi. E forse un nome non ce l'ha. È la stessa dentro ogni
persona che abbia conosciuto, eppure non coincide mai. È qualcosa, è quello che
non c'è. Ma esiste! Possa qualcuno dimostrarmi il contrario, tornerei subito a
dormire senza ammorbare i lettori con le testimonianze di una ricerca vana!
Giro di disco, uccido il secondo mozzicone e lo occulto nel
mattatoio di latta.
M'infervoro e guadagno centimetri di verticalità, sul letto,
piegando in due il cuscino e mettendomi quasi seduto. La finestra si è
abbassata rispetto al mio orizzonte e vedo un profilo gentile dentro una delle
finestre di fronte. Cosce tornite e umide si piegano al volere di mani sottili
che reggono accappatoi di seta troppo corti per nascondere...
Sbuffo di fumo e smetto di guardare: troppo facile
rifugiarsi nella lussuria. Sarebbe troppo facile farmi abbracciare da una donna
con addosso le forme del desiderio, senza un volto che non sia quello di una
dea innamorata. Niente da fare! Me ne devo stare qui, su questo letto a cercare
la comunemente detta 'Felicità'! Uno, prima di svegliarsi, ha ben il diritto di
sapere perché lo fa! M'infervoro ancora un po', e adesso sono quasi seduto e ho
più forza per ammazzare la terza vittima di tabacco, schiantandola sulla
lamiera rotante.
Sono sveglio di melanconica sveglia, e devo farmi una
ragione di quest'essere sveglio. Vagando con lo sguardo noto svariati volumi in
ordine sparso, di molti tra questi non riesco nemmeno a leggere il titolo. Uno
mi seduce sussurrando 'Se una notte d'Inverno un viaggiatore'. Già mi sento
annegare dentro un turbinìo di lettere, un guazzabuglio di colori e immagini
più o meno sfocate ma vibranti. Però, d'altra parte, eh... sarebbe fatica da
nulla, un giochetto farsi travolgere dalle storie, lasciarsi coinvolgere dagli
scritti e mandare a farsi benedire la felicità e tutto il resto. Senza
accorgermene ho acceso una sigaretta che sta già per trapassare nell'Ade di
cenere e latta. Ho incrociato le gambe e assunto una posizione più eretta
ancora, un osservatore esterno direbbe di me che sembro "in procinto di
alzarmi": solo queste parole potrebbe usare l'osservatore, e dico anche se
fosse un osservatore straniero. Sono deciso a darmi uno scopo, un traguardo, il
traguardo più a lungo termine che riesca a trovarmi. Dopo lunghi dibattiti
intestini alla corteccia cerebrale - con tanto di insuti tra fazioni opposte e
improperi circolati internamente alle stesse correnti - giungo a una
soddisfacente conclusione, riesco a darmi l'obbiettivo – di certo ridotto ai
termini della contingenza – che sempre un obbiettivo è. Giro di disco, e l'ultimo mozzicone è preda
della dimenticanza.
Mi autoannuncio solennemente la decisione, e addirittura
celebro l'atto, ecco, la performanza immediata!
...mi alzo.
Nino