venerdì 3 giugno 2011

Christopher Lee - Charlemagne: By the sword and the cross


Dovessimo prestare attenzione alle testate specializzate internazionali, potremmo dire che esistono innumerevoli generi musicali. Se si pensa che solo il metal conta almeno una decina di sottogeneri, ciascuno con stilemi ben definiti… Tuttavia, dopo diversi anni trascorsi da fruitore di musica, sono giunto alla conclusione che le distinzioni di genere hanno poca utilità. A parer mio, infatti, esistono solo due tipologie di musica: la musica fatta bene e la musica fatta male. Per la serie: abbiamo mai veramente ascoltato la musica che non ci piace? Chiusa questa parentesi devo dire che, dopo aver ascoltato l’album in esame, mi sono dovuto ricredere. Esiste un terzo tipo di musica: quella “fraintesa”. E questo disco è uno dei massimi esempi di “musica fraintesa”.
Chi non conosce sir Christopher Lee? Stiamo parlando di uno dei più celebri e talentuosi attori della storia del cinema. La sua filmografia conta più di 240 pellicole a partire dal 1948. Insieme a Bela Lugosi fu uno dei primi Dracula del grande schermo. In anni recenti intepretò magistralmente lo stregone bianco Saruman ne Il signore degli anelli e il conte Dooku nella trilogia moderna di Star Wars. Fu nominato dapprima Cavaliere dell'Ordine dell'Impero Britannico e quindi, alcuni anni dopo, Cavaliere Comandante dello stesso. Insomma, siamo di fronte a un mito d’altri tempi: un artista completo. I frequentatori dell’ambiente metal probabilmente sanno delle sue collaborazioni con band quali Rhapsody Of Fire e Manowar. La sua voce bassa, autoritaria e dall’accento marcatamente british lo rendono infatti un narratore assolutamente straordinario. Sir Lee stesso ammise inoltre di aver riconosciuto e apprezzato il potenziale narrativo della musica metal di stampo sinfonico (termine improprio ma di uso comune) proprio grazie a tali collaborazioni. Quando nel 2010 si viene a sapere che mister Lee è al lavoro su un disco solista di musica symphonic metal, sono in pochi a sorprendersi e in molti a gongolare. Quando il disco finalmente esce, però, tutto cambia. Il popolo metal e la critica specializzata si scagliano contro Charlemagne come un uragano, tacciandolo di essere “inutile” e “commerciale”. Sul web si sprecano commenti del tipo: “Non è metal” oppure “Ma il metal dov’è?”. La domanda sorge spontanea: ma qualcuno lo ha mai veramente ascoltato questo album? O ci si è limitati a contare il numero di pennate della chitarra elettrica?
Veniamo al disco. D’accordo, probabilmente l’opera è stata presentata male. Sul sito ufficiale del progetto viene infatti definito symphonic metal. E gli incoraggianti sample online facevano venire l’acquolina in bocca ai metallofili. Dietro l’orrida copertina si cela invece un concept album di musica “sinfonica” incentrato sulla figura di Carlo Magno (di cui Lee pare essere diretto discendente) e di metal ce n’è davvero pochissimo. La chitarra elettrica e la batteria sono utilizzate più che altro per rinforzare i momenti più pomposi. La struttura ricorda quelle di certe rock opera e i brani sono “recitati” più che cantati. Le composizioni, affidate all’italianissimo Marco Sabiu, già al lavoro con altri noti artisti quali Take That e Ennio Morricone, sono di qualità mediamente buona e lo stile è quello grandioso delle soundtrack cinematografiche. Gli innesti di chitarra sono sempre ben studiati e contribuiscono a rendere il lavoro più vario e incisivo. Buoni i cori e l’orchestra, padrona assoluta dell’opera, anche se la resa sonora globale poteva essere assai più potente con una produzione più curata. Piuttosto carenti invece le voci femminili se confrontate con gli standard odierni. Inoltre, non sempre la narratrice (se non sbaglio, la figlia dello stesso Lee), seppur ben impostata, riesce a trasmettere le giuste sensazioni. Esaurito l’aspetto tecnico, quel che rimane è un disco accettabile anche se alla lunga decisamente stancante. I brani, anche se buoni, sono piuttosto lunghi e monotoni, con poche variazioni, narrati spesso fuori metrica e in modo forse eccessivamente teatrale. Questo non sarebbe necessariamente un punto a sfavore, se non fosse che si tratta di un “semplice” album musicale e non di un film o di un musical. Insomma, manca un supporto visivo, unico fattore che potrebbe risollevare le sorti di questa moviescore che rischia di trascinare nella noia la maggior parte degli ascoltatori che si erano interessati al progetto. Che sono poi quelli provenienti dal metal: difficilmente qui troveranno pane per i loro denti. Naturalmente le note positive non mancano. Buonissimi i narratori: il timbro del tenore è piacevolissimo e il basso Christopher Lee è assolutamente eccezionale. Grazie a lui, ogni nota trasuda regalità e non è davvero difficile immaginare l’attore inglese nei panni del re guerriero cristiano da cui discende. L’apice probabilmente si raggiunge nei momenti finali di Act I: King of the Franks, con un Lee emozionante come non mai nella parte del re morente, e nella superba Act III: The bloody verdict of Verden, durante la quale la qualità della composizione pare fare un grosso passo in avanti. Non posso fare a meno di pensare che se tali livelli si fossero mantenuti costanti nel corso di tutto il disco ci saremmo ritrovati tra le mani qualcosa di memorabile. Così non è stato purtroppo. Charlemagne non è un brutto disco: è piuttosto poco riuscito. Per essere apprezzato necessita di una fruizione integrale ma non supera la prova dei ripetuti ascolti: rischia di risultare presto indigesto. Se preso a piccole dosi può però dare soddisfazioni.
Ora, quest’album è stato odiato da molti, ma fondamentalmente per le ragioni sbagliate. Poi, per carità, lungi da me giudicare i gusti degli altri. Una recensione negativa, per questo disco, ci può stare tranquillamente, ma stroncare un disco solo perché “non metal” (e, vi assicuro, è successo più spesso di quanto si possa immaginare) o “commerciale” (questo, poi, non lo commento neppure) non può che farmi riflettere. Quand’è che abbiamo smesso di ascoltare e ci siamo messi a giudicare e basta?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il finale del brano linkato è stato ripreso da Marco Sabiu per i "jingle" del Festival di Sanremo, in cui dirigeva l'orchestra. Si può sentire in questo video http://www.youtube.com/watch?v=wpx40Ur3b8M quando entra in teatro Morandi.
Assurdo come cose così distanti possano essere collegate!

Posta un commento