mercoledì 30 marzo 2011

Dylan Dog, il macho indagatore dei mostri


Tagliamo corto: Dylan Dog – Il film ha pochissimo a che fare con il fumetto nostrano, da cui prende il font del titolo, i vestiti del protagonista e alcuni suoi oggetti simbolo. Stop. Il Dylan Dog del film, diretto dal giovane Kevin Munroe e uscito nelle sale il 16 marzo, è Brandon Routh, l’aitante superuomo di Superman Returns (e, va detto, uno dei sette malvagi ex di Scott Pilgrim VS The World), con il suo bagaglio di muscolazzi e spacconaggine. 
Dylan, essere umano un tempo mediatore tra le comunità di non-morti che risiedono a New Orleans, si è ridotto al mestiere di detective coniugale dopo un tragico evento accaduto alcuni anni prima; al suo fianco c’è Marcus (il vispo Sam Huntington, ancora agli esordi della sua carriera), aiutante tuttofare irrequieto e irriverente a cui, durante il film, accadrà qualcosa di molto particolare, che secondo me lo rende molto più simpatico e calzante. Ma veniamo alla trama: Dylan e Marcus vengono chiamati dalla piccola e graziosa Elizabeth (Anita Briem) per investigare sull’omicidio di suo padre, commesso da un lupo mannaro. Le indagini di Dylan si arenano contro l’omertà del capofamiglia dei lupi mannari, Harkin (il veterano David Jensen), e del nuovo, ambiguo boss dei vampiri, Vargas (Taye Diggs); l’aria di conflitto imminente aumenterà parecchio per via di un misterioso manufatto, rubato al padre di Elizabeth e conteso dalle due razze di mostri. Ovviamente saranno l’eroico Dylan e il macilento Marcus a dover salvare la situazione.
Il critico Luca Raffaelli lo ha definito “un film di serie B per un fumetto di serie A”, e io mi associo. Siamo lontanissimi dalle peculiari atmosfere del fumetto Dylan Dog, che in Italia in quanto a vendite è secondo solo a Topolino, e dal suo eroe riflessivo, pacifista, donnaiolo, spiritoso, umanissimo; siamo lontanissimi persino dai suoi comprimari, l’assistente Groucho e l’ispettore Bloch su tutti, e dal background londinese delle vicende. Ma bisogna farsene una ragione. Il regista Munroe ha spiegato i perché di molte delle discutibili scelte del film: il fumetto è quasi ignoto in America e il film andava adattato ai giusti del pubblico statunitense per ricavarne qualche utile; è stato girato a New Orleans perché costava un quarto rispetto a Londra; gli eredi dei fratelli Marx non hanno concesso alla produzione i diritti per lo sfruttamento dell’immagine di Groucho, e lo si è rimpiazzato con un aiutante sempre comico (ma di una comicità radicalmente diversa, “slapstick-noir” anziché “comedy-absurd”); se questo film avrà successo, Munroe ne girerà un secondo episodio più vicino al fumetto, e magari ambientato in Italia. Dylan Dog – Il film, in origine intitolato Dead of Night, pare tanto un mediocre episodio di Buffy con un protagonista diverso, ma se non altro ha il pregio di non prendersi troppo sul serio; i personaggi di Sclavi, Sergio e Borelli sono evidenti, per quanto contorti, omaggi al creatore del fumetto Tiziano Sclavi e al suo editore Sergio Bonelli, significativamente impersonati da due vampiri antichissimi; più gradevoli sono le citazioni sparse qua e la, dalle foto di Groucho a clarinetto e galeone nello studio di Dylan, come a dire “avremmo voluto fare le cose per bene, ma...”. Le interpretazioni sono decenti, probabilmente il migliore è Huntington, mentre gli effetti speciali, in particolare nello scontro finale, sono molto poco speciali. Come film d’azione dark fantasy si lascia vedere, basta tentare di ignorare l’alto grado di “americanataggine” e alcuni buchi della trama (la fuga dalla cripta non ha senso, Harkin è trattato in modo estremamente sbrigativo). I fan del fumetto dovranno avere stomaco forte per sopportare la visione, oppure portarsi dietro una scorta di antiemetico, come farebbe Bloch.




Lor

Nessun commento:

Posta un commento