Clint Eastwood torna al cinema nei panni di regista, ruolo che negli ultimi anni ha dato, a lui e al pubblico, parecchie soddisfazioni ma che, dopo la punta di diamante di Gran Torino, sembra in fase calante. Basti pensare alle pellicole successive, come Invictus, ancora un ottimo film, e soprattutto come Hereafter, nettamente al di sotto del talento del regista. La caratteristica principale di Eastwood è sicuramente l’eclettismo con cui riesce a spaziare da un genere cinematografico all’altro, dai film a sfondo sportivo, a quelli sovrannaturali, a quelli più aderenti alla realtà. Proprio per questo, non stupisce che Clint si sia voluto dedicare a quello che, a un primo sguardo, può sembrare un gangster movie: J. Edgar.

L’immagine di J. Edgar Hoover che traspare dall’opera di Clint Eastwood è quella di un uomo capace e determinato nella sua attività lavorativa, ma preda delle sue debolezze nella vita privata. A capo dell’FBI, Hoover è stato in grado di riformare l’agenzia, introducendo l’addestramento del personale, selezionato attraverso nuovi e più rigidi criteri, l’archivio delle impronte digitali e i laboratori scientifici, precursori dei moderni CSI. Sotto la sua guida inoltre sono stati catturati alcuni dei più grandi criminali della storia americana, su tutti John Dillinger (recentemente protagonista del film Nemico pubblico, con Johnny Depp nei panni del gangster) e Bruno Hauptmann, rapitore e assassino del figlio dell’aviatore Charles Lindbergh. Il film mette però in primo piano anche i difetti di quest’uomo, sempre lontano dall’azione vera, quindi dagli arresti, ma desideroso di riconoscimenti e di comparire davanti ai fotografi come fautore dei successi dell’FBI. Inoltre, più volte nel film, viene sottolineata l’avversione di Hoover verso i comunisti e verso i movimenti dei neri, su tutti quello di Martin Luther King. Per quanto riguarda la vita privata, Eastwood mette l’accento sul rapporto con Tolson e sull’omosessualità repressa di Hoover, incapace di ammettere la sua natura in un periodo sicuramente poco pronto ad accettare uno scandalo del genere da un uomo di potere.
J. Edgar è un buon film, in definitiva, non per tutti perché molto lungo (dura più di due ore), non troppo dinamico e abbastanza introspettivo; senza contare lo stile estetico che ricorre a scene scure e a colori spenti, poco propedeutici ad attirare l’attenzione ma perfetti per il film. Rimarrà deluso dunque chi si aspetta un classico gangster movie, perché l’azione c’è ma sta decisamente sullo sfondo, per lasciare spazio al ritratto di Hoover. Ai pennelli, il maestro Clint Eastwood.
D9P
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