domenica 14 agosto 2011

SPECIALE – Loreena McKennitt (parte 1)


Prima che la nota cantante canadese Loreena McKennitt si ripresenti in Italia per uno dei suoi memorabili concerti o per promuovere un nuovo album di inediti, di tempo ne dovrà passare parecchio. Per meglio ingannare l’attesa (per il sottoscritto, a tratti, spasmodica), ho pensato di riassumere il percorso, soprattutto dal punto di vista artistico, di questa poliedrica e raffinatissima cantastorie. Spero che questo possa far piacere a chi la conosce e possa incuriosire chi ancora non ha avuto modo di ascoltare la sua musica. Cantante, pianista, fisarmonicista e arpista, Loreena McKennitt non è una musicista facile. Benché le sue melodie siano accattivanti e orecchiabili, ella non è avvezza alla forma canzone: i suoi brani (o per lo meno la maggior parte di essi) sono lunghi, privi di ritornelli e con poche variazioni ma impreziositi da divagazioni strumentali decisamente azzeccate. Partita dalla musica folk irlandese, è divenuta una delle colonne portanti della celtica internazionale riuscendo in seguito a creare inedite e riuscitissime mescolanze sonore con la musica mediorientale (un esempio su tutti la coraggiosissima versione arabeggiante del canto natalizio God rest ye merry gentlemen). Lo schema proposto risulta di non facile assimilazione soprattutto per i non anglofoni. Nei suoi testi, Loreena racconta storie, leggende e fiabe, recita poesie, narra dei suoi viaggi e di culture diverse: chi non fosse in grado di comprendere le sue parole potrebbe trovare ostica la proposta musicale della McKennitt. Come molte altre cantanti soliste è stata spesso paragonata alla ben più nota Enya: tuttavia, tolto il fatto che le due sono entrambe donne, le somiglianze sono ben poche. A partire dal registro vocale (quello di Loreena è decisamente più acuto) e proseguendo con lo stile, le sonorità, gli strumenti e così via. Mi sentirei di affermare che Loreena McKennitt è un’artista unica nel suo genere.
Loreena Isabel Irene McKennitt nasce nel 1957 a Morden, una cittadina del Canada meridionale. Le origini irlandesi sono rese evidenti dal cognome del padre. Il fascino che ella prova nei confronti del suo retaggio costituirà il punto di partenza e di arrivo del suo percorso musicale. Loreena si dedica fin da piccola allo studio del canto e del pianoforte per alcuni anni e con apprezzabili risultati. La sua esperienza artistica è però all’inizio per lo più di carattere locale. Canta e si esibisce solo nei dintorni della sua città fino al 1981 quando si trasferisce a Stratford in Ontario. Fino ad ora è stata una musicista amatoriale (nel frattempo si dedicava agli studi di veterinaria): la carriera da professionista è a portata di mano. Si dedica alla composizione per diverse produzioni cinematografiche e televisive canadesi. Allo stesso tempo si esibisce e scrive musica. La svolta giunge le 1985, anno di fondazione della Quinlan Road Records, di proprietà della McKennitt, tramite la quale ella pubblicherà tutti i suoi album.

Elemental (1985)

Il primo lavoro della McKennitt è più che altro una raccolta di rivisitazioni di brani tradizionali della cultura irlandese. Si hanno due soli inediti, il cui testo è tuttavia tratto da poesie di Yeats e Blake. L’album è un buon successo: Loreena si dimostra una cantante talentuosa ed espressiva. Diversi brani del disco spiccano ancora oggi: Blacksmith, Stolen child, She moved through the fair e Kellswater sono, a parer mio, tra le migliori del disco. Il tutto è dotato di un flavour bucolico alimentato dal fatto che l’album è stato registrato in una sola settimana in un fienile immerso tra i girasoli. In alcuni brani è ancora possibile ascoltare i suoni della natura circostante in sottofondo, dando l’impressione che Loreena canti davvero in mezzo alla natura, come sulla cover dell’album.



To drive the cold winter away (1987) e la musica “invernale”

Due anni dopo Elemental, da Quinlan Road giunge questo nuovo lavoro, nuovamente costituito quasi per intero da canti tradizionali irlandesi tipici della stagione invernale. Tutto il disco si presenta come un omaggio all’inverno e in particolare al periodo natalizio che Loreena tanto ama. Le intenzioni della McKennitt si fanno sempre più palesi: ciò che conta di più per lei è l’atmosfera ed è su questo aspetto che concentra i propri sforzi. Il disco viene registrato, pressoché senza ritocchi in studio, in almeno tre diverse cattedrali, tra il Canada e il Regno Unito, donando alla musica una solennità quasi sacrale. Basterà ascoltare la meditativa Let all that are to mirth inclined per capire cosa intendo. Negli anni successivi, Loreena McKennitt si dedicherà nuovamente e con rinnovata passione alla musica “invernale” e natalizia dapprima con l’EP A winter garden e, in anni recenti, con un nuovo album: A midwinter night’s dream. I canti tradizionali vengono ora interpretati in maniera classica, ora in modo più personale. Interessante ad esempio la malinconica versione di The holly and the ivy. L’esperimento migliore è però la già citata God rest ye merry gentlemen la quale resta, a quanto mi risulta, l’unico tentativo di reinterpretare in chiave arabeggiante (tipica del periodo post 1994 dell’artista) una canzone natalizia cristiana. Il risultato non può che sorprendere.

Parallel dreams (1989) e The visit (1991)

Con Parallel dreams e con The visit, Loreena intraprende la strada che la porterà agli album di inediti e ai capolavori della sua carriera. Le rivisitazioni si riducono a due o tre per ciascun album. Le composizioni della McKennitt aumentano e si affinano pur restando nell’ambito della musica celtica e del folk. Nonostante questi due album non siano di norma annoverati tra i “masterpieces” della cantante canadese, essi contano svariati estimatori. Contengono infatti alcuni dei suoi massimi capolavori come Samain night e The old ways. La vera svolta stilistica è tuttavia ormai alle porte.




(continua)
Spectraeon_86

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