domenica 30 ottobre 2011

Santoro torna a svolgere un “Servizio Pubblico”



Nonostante i vertici della Rai non abbiano voluto rinnovargli il contratto, perdendo così in un sol colpo milioni di telespettatori, uno dei conduttori più competenti italiani e tutti i soldi (ed erano molti) provenienti dalle pubblicità, Michele Santoro ritorna a condurre un talk show alla sua maniera, lontano dalla tv di stato.
Il nuovo/vecchio programma si chiamerà “Servizio Pubblico”, sarà ovviamente talk di approfondimento politico ma non solo, in quanto andrà a trattare tutti i temi di attualità maggiormente meritevoli di attenzione. Ad esso parteciperanno i “soliti” Marco Travaglio, Vauro Senesi e soprattutto anche il giornalista Sandro Ruotolo che, proprio per poter partecipare alla realizzazione del programma, ha recentemente rescisso il suo contratto con la Rai.
L’inizio del nuovo show è fissato per Giovedì 3 Novembre alle ore 21, sarà possibile vederlo su Sky sui canali 100, 500 e 504, su numerosissime tv regionali del digitale terrestre e anche su Internet in streaming gratuito dai siti serviziopubblico.it, il Fatto Quotidiano, Repubblica e Corriere della Sera.
Per presentare il programma è stato realizzato un video dal vignettista Vauro nel quale vi è uno “strano figuro” che molto diligentemente ma soprattutto con tanto entusiasmo vi spiegherà le ragioni per cui è stato realizzato tale show, chi vi prenderà parte e dove sarà possibile vederlo.


Michele Santoro torna quindi a fare quello che in Rai gli hanno ingiustamente impedito di fare, cancellando un programma che, per tutta la sua durata, ha costantemente battuto la concorrenza diretta e non in quanto a share televisivo. Il titolo del nuovo show, a mio modo di vedere, può quindi esser letto come messaggio ulteriore ai vertici (politicizzati) della tv di stato: i telespettatori, pagando il canone, hanno il diritto di vedere ciò che preferiscono; negare tale possibilità cancellando uno dei programmi più seguiti va contro ciò che normalmente dovrebbe essere la logica di una tv pubblica; Santoro quindi torna a svolgere un Servizio Pubblico per tutti coloro che ne volevano/vorranno usufruirne.

Mywo

L'Aura rispolvera Total eclipse of the heart in duetto con Nek

Dopo il singolo estivo Gira l'estate, L'Aura ritorna con Eclissi del cuore, in duetto con Nek. Se questo titolo non vi è nuovo e notate una certa somiglianza con il successo del 1983, Total eclipse of the heart, non è un caso. Il nuovo singolo di L'Aura è infatti una cover del brano di Bonnie Tyler, con testo adattato in italiano, ed era già contenuta, cantata solo da L'Aura, nell'EP Sei come me .
La canzone si avvale ora della seconda voce e dei cori di Nek per una versione praticamente identica all'originale: pressochè lo stesso arrangiamento e veramente poca originalità. La stessa poca originalità che ritroviamo nei recenti lavori di L'Aura: i fasti di Okumuki e Demian sono lontani anni luce, per un'artista che ora si è decisamente banalizzata, perdendo ciò che la rendeva interessante e unica nel panorama musicale italiano. Una decisa virata verso il pop più italiano che ci sia, fatto di lente ballate melodiche, che non lascia spazio a sperimentazioni e scelte più particolari.
Parallelamente a questo cambiamento, vi sono state delle scelte discografiche, ma anche di immagine e comunicazione, da parte della casa discografica Sony/Bmg decisamente discutibili. Per esempio la pubblicazione di un best of dopo solo due album, o di un EP di sole sei canzoni, in cui si punta sull'immagine della cantante (fino a girare un videoclip nuda), certamente molto gradevole, invece che sul suo talento creativo. O ancora la chiusura del sito ufficiale di L'Aura, strutturato come un blog e quindi a stretto contatto con i fans, a favore di un freddo sito istituzionale. Per non parlare poi di un secondo EP, previsto inizialmente per l'autunno e che ora è misteriosamente slittato a gennaio, contenente Gira l'estate e Eclissi del cuore.
Dico io: perchè buttarsi in un certo tipo di mercato discografico che ha le sue regole e la sua crudeltà, bruciando una cantautrice molto apprezzata, se non si è sicuri di un ritorno economico adeguato (che potrebbe seppellire le ambizioni)? Non era meglio per tutti lasciare L'Aura nel suo mondo, sicuramente più di nicchia ma di sicura efficacia?
Interrogativi a cui non si può dare una risposta. Attendiamo e osserviamo ciò che verrà e nel mentre godiamoci il nuovo singolo di L'Aura, che resta comunque una cantante di talento. Speriamo non venga sprecato del tutto.


TORNERAI?
Ogni tanto sto da sola e sono sicura che non mi ritroverai
TORNERAI
Ogni tanto sono stanca di riascoltarmi mentre piango la mia infelicità
TORNERAI
Ogni tanto guardo indietro e scopro come il meglio di questi anni sia passato di già
TORNERAI
Ogni tanto tremo di paura ma poi nei tuo occhi sento quello che sei
TORNERAI, NON SAI
Che ogni tanto cado e non ci sei
TORNERAI, NON SAI
Che ogni tanto cado e non ci sei

Ora ti voglio più che mai
Ora ti voglio qui per sempre
Se solo tu mi sfiorerai
Ci stringeremo eternamente
Ce la faremo se tu vorrai
Non sbaglieremo mai
Insieme cambieremo questa nostra realtà
Il tuo Amore è come un'ombra che non mi lascia mai
E' come dici tu
Qui nella oscurità
La luce si confonde con la felicità
Ti voglio qui più che mai
Per sempre tu mi stringerai
(Per sempre tu mi stringerai)

Tempo fa speravo in una storia con te
Ed ora è solo un'assurdità
Se non ci pensi tu
Eclissi del cuore sarà

TORNERAI
Ogni tanto so che non sarai mai quell'uomo che davvero io vorrei
TORNERAI
Ogni tanto so che sei quell'unico che sa come trattarmi nonostante i miei guai
TORNERAI
Ogni tanto so che nell'intero universo non c'è niente che somigli un po' a te
TORNERAI
Ogni tanto so che non c'è niente di meglio e niente che per te non farei
TORNERAI, NON SAI
Che ogni tanto cado e non ci sei
TORNERAI, NON SAI
Che ogni tanto cado e non ci sei

Ora ti voglio più che mai
Ora ti voglio qui per sempre
Se solo tu mi sfiorerai
Ci stringeremo eternamente
Ce la faremo se tu vorrai
Non sbaglieremo mai
Insieme cambieremo questa nostra realtà
Il tuo Amore è come un'ombra che non mi lascia mai
E come dici tu
Qui nella oscurità
La luce si confonde con la felicità
Ti voglio qui più che mai
Per sempre tu mi stringerai
(Per sempre tu mi stringerai)

Tempo fa speravo in una storia con te
Ed ora è solo un'assurdità
Se tanto non ci sei
Eclissi del cuore sarà
Eclissi del cuore sarà
ECLISSI DEL CUORE SARA'

D9P

martedì 25 ottobre 2011

VaSongs #7

Apriamo il nostro nuovo appuntamento con il ritorno di un grande della musica italiana, Gianluca Grignani, che, approfittando della visibilità data dalla sua sfortunata partecipazione al talent Star Academy in qualità di vocal coach, consegna alle radio il singolo Un ciao dentro un addio, che anticipa Natura umana, nuovo album in uscita a fine ottobre. A un primo ascolto la canzone può sembrare la solita ballata rock in stile Grignani e il secondo ascolto lo conferma pienamente; nonostante questo il brano risulta convincente per l’andamento rock e per un testo che con parole semplici esprime alla perfezione la condizione di un uomo abbandonato che dopo aver fatto di tutto per salvare il rapporto prende coscienza del suo valore e va oltre la sofferenza e il dolore, superando l’illusione di un futuro ancora insieme, di quel “ciao dentro un addio”.



"E poi vado via
perché per bella come sei
cambierei un'altra volta idea.
E poi l'ingenuo sono io,
Con un ciao dentro un addio”

Pochi di voi conosceranno Niccolò Agliardi, artista italiano che ha collaborato in qualità di autore con numerosi grandi artisti: Elisa, Fabi, Grignani, Mietta, Oxa, Pausini, Ramazzotti, Mika, Zampaglione, Zucchero e tanti altri. Dal 2005 Agliardi ha una carriera tutta sua ed è di recente uscita il singolo Qualcosa vicino all’amore, primo estratto da Non vale tutto. Una canzone molto dolce che si avvale della voce calda di Patrizia Laquidara e che racconta l’imprevedibilità di essere insieme vicini all’amore, senza la presunzione di sapere con sicurezza cosa sia.


Voltiamo decisamente pagina con un brano che sta spopolando in tutte le radio: parliamo della collaborazione tra i Gym Class Heroes e Adam Levine, frontman dei Maroon 5. Stereo hearts contrappone la voce squillante del ritornello al rap serrato della strofa: a mio parere queste due componenti sono un po’ troppo in contrasto e non c’è molta continuità, tant’è che il ritornello si interrompe del tutto e inizia il rap. Com’è ovvio che sia la melodia di Adam Levine tiene in piedi il pezzo e sta rendendo Stereo hearts una hit radiofonica in tutto il mondo.


A proposito di successi radiofonici, come non parlare di I won’t let you go, nuovo singolo di James Morrison, tratto da The awakening. Lo stile è sempre lo stesso ma la melodia di questo brano ha catturato l’attenzione del grande pubblico più dei vecchi successi di James Morrison, forse anche grazie a un testo molto romantico di un uomo che vuole aiutare la sua compagna a superare le difficoltà, invitandola a vivere e amare.

“Close your eyes and you might believe
That there is some way out, yeah
Open up
Open up your heart to me now
Let it all come pouring out
There's nothing I can't take
If there's love just feel it
And if there's life we'll see it
This is no time to be alone, alone, yeah
I won't let you go”

Arrivata al successo in Italia solo quest’estate grazie al tormentone estivo Shimbalaiê, Maria Gadù ci riprova con un secondo singolo tratto dal suo album omonimo, uscito nel 2009. Si passa al francese con Ne me quitte pas, classico della musica d’oltralpe di Jacques Brel, interpretata tra gli altri anche da Nina Simone e Frank Sinatra.
 

Torniamo nel nostro Paese con il ritorno sulla scena de Le Vibrazioni che pubblicano il loro primo greatest hits dal titolo Come far nascere un fiore, titolo anche dell’unico inedito; anche Arisa approfitta dalla sua presenza a X-Factor e firma la colonna sonora del film La peggior settimana della mia vita con L’amor sei tu, mantenendo la solita leggerezza ma confermandosi un’ottima interprete, lontana dall’idea che molti hanno di lei; a breve distanza dal primo singolo Brucerò per te, i Negrita propongono un secondo estratto dall’album Dannato vivere, dal titolo Fuori controllo, più ritmato ma meno appetibile del suo predecessore; quinto singolo per i Subsonica che, dopo Tra gli dei con i Club Dogo, scelgono il lento Quando, che anticipa una nuova versione dell’album Eden che conterrà due nuovi inediti e qualche remix; deluxe edition di Reality and fantasy per la rivelazione dell’anno Raphael Gualazzi e nuovo singolo, Love goes down slowly, molto allegro e scanzonato; La fine di Gaia è il quarto estratto da Il sogno eretico per Caparezza.


Come la scorsa volta, sforo un attimo dal mio seminato per proporvi due canzoni dance: la prima è Cinema di Benny Benassi che si avvale della voce di Gary Go e del suo falsetto mentre la seconda è Changed the way you kiss me di Example, cantante e rapper britannico. Entrambi ottimi esempi di come si possa fare musica dance senza banalizzare il genere.


Ultime segnalazioni veloci: Simone Cristicchi firma la colonna sonora del film Cose dell’altro mondo con un brano omonimo; Simona Molinari reinterpreta un classico come In cerca di te con la collaborazione di Peter Cincotti; il ritorno di Tiziano Ferro si chiama La differenza tra me e te e anticipa il nuovo album L’amore è una cosa semplice; dopo La cucina giapponese, Matteo Becucci torna con Fare a meno di te; il secondo singolo dei Rio è la title-track Mediterraneo; in questi giorni è uscito Mylo Xyloto, l’attesissimo disco dei Coldplay, accompagnato da Paradise; sorprendente il ritorno di Adriano Celentano con Non ti accorgevi di me, che si avvale della collaborazione dei Negramaro; altrettanto interessante è il primo singolo dell’artista britannica Charlene Soraia, una dolce cover di Wherever you will go, incisa per uno spot Twinings; infine Marco Mengoni propone un nuovo singolo, tratto dall’album Solo 2.0, dal titolo Tanto il resto cambia.

“Non so chi mi aiuterà
a dimenticarti
quando me ne andrò da qui.

Quanto male ci starò
che sarai di un altro..
lo so ma è giusto così”

D9P

lunedì 24 ottobre 2011

Nell'Italia anni '70, il microcosmo del Bar Sport

Pubblicato nel 1976 da Mondadori, Bar Sport è stato il libro d’esordio del famoso giornalista e scrittore bolognese Stefano Benni. Il successo di questo romanzo privo di trama, composto da aneddoti e situazioni umoristiche relative a una miriade di personaggi “da bar”, fu enorme, tanto da spingere Benni a scriverne il seguito Bar Sport Duemila, edito da Feltrinelli nel 1997, e le case di produzione Aurora Film e Rai Cinema a trasporlo, oggi, sul grande schermo. Sceneggiato e diretto da Massimo Martelli, regista teatrale e televisivo oltre che cinematografico, Bar Sport è uscito nelle sale il 21 ottobre con un battage pubblicitario notevole, dovuto al nutrito cast di comici famosi e al tema leggero che può interessare tutte le età, soprattutto coloro che un qualche Bar Sport l’hanno frequentato davvero.
Esattamente come nel libro, la narrativa del film è affidata a una serie di personaggi a cavallo tra stereotipo ed esagerazione. Giuseppe Battiston è Onassis, il barista tirchio e imbranato con le donne che negli anni Settanta apre e gestisce il Bar Sport in un imprecisato paesino dalle parti di Bologna (il film è stato girato a Sant’Agata Bolognese); Claudio Bisio, star del film, è Eros, detto “il tecnico” per la sua incredibile preparazione (cialtronesca) su qualunque argomento, colui che deve sempre intervenire in ogni discussione e materia per sembrare più erudito e vissuto degli altri, fino all’assurdo; Antonio Catania è Muzzi, scontroso e salace fino alla misantropia, sempre pronto ad attaccare i propri amici con battute maligne; Aura Rolenzetti è Clara, giovane cassiera dalla bellezza mediterranea e dall’apparente ingenuità di cui Onassis si innamora istantaneamente; Antonio Cornacchione è Bovinelli, elettricista(?) incapace ma ostinato, perennemente impegnato nel tentativo di far accendere l’insegna del bar; Angela Finocchiaro e Lunetta Savino sono le due vecchie comari pettegole, insediatesi in un angolo del locale per sparlare di tutti; Alessandro Sampaoli è Poluzzi, l’innamorato sofferente che passa il tempo alla cornetta del telefono sperando nel ritorno della sua amata; Teo Teocoli è l’anziano play-boy che si reca al bar solo per vantarsi delle sue inesistenti conquiste amorose; Claudio Amendola entra in scena solo a fine film per insidiare la longevità della Luisona, la pericolosa pasta gigante che il bar espone da anni senza che nessuno osi mangiarla. Poi ci sono il “cinno”, ovvero il ragazzino tuttofare appassionato di ciclismo, il ragioniere geloso della bella moglie, il timido inetto, la prostituta, il professore esperto di fondoschiena femminili, l’anziano catarroso, i loschi frequentatori dell’odiato Bar Moka...
I numerosi brevi episodi di cui è composto il film rispecchiano l’Italia popolare di quarant’anni fa e i suoi svaghi, quando la frequentazione del solito bar era molto più che un semplice rituale. La partita di calcio si ascoltava insieme alla radio o si seguiva nella televisione del bar, si sceglievano canzoni al jukebox e ci si sfidava a flipper; dal paese si usciva solo per una scampagnata o per una trasferta sportiva. Questo accento sulla quotidianità e sulla comicità di situazioni comuni mitizzate, in quello che è un microcosmo di caratteri e macchiette, rende il film non adatto a tutti i palati: lo spettatore che si aspetta una trama unitaria o un umorismo più incisivo resterà irrimediabilmente deluso. Non tutti gli episodi, inoltre, sono divertenti, in particolare quello della gita in campagna risalta per la grave povertà di spunti comici. Tra i punti positivi del film spiccano le sequenze animate sui ciclisti Pozzi e Girardoux e sul calciatore Piva, protagonisti delle storie surreali e quasi epiche raccontate da Eros, per l’alta qualità dei disegni di Giuseppe Maurizio Laganà (animatore e regista a lungo collaboratore di Bruno Bozzetto) e l’avvincente affabulazione di Bisio. Quest’ultimo è forse il miglior attore del film, aiutato anche da un ruolo perfettamente congeniale alla sua personale comicità, insieme a Cornacchione e a Bob Messini che interpreta il candido Cocosecco; un po’ deludenti Battiston e Catania. Impossibile non rimarcare l’intenso sex appeal di Aura Rolenzetti, reduce dell’Isola dei Famosi 7 e già vista al cinema in AlbaKiara, attrice che senza dubbio brilla più per il suo aspetto che non per il suo personaggio in quello che è un film profondamente e inevitabilmente maschilista.

Lor

sabato 22 ottobre 2011

Spot Twinings: emozioni e musica. Wherever you will go...

L'altro giorno, guidando per Torino con l'autoradio accesa, ascolto Linus e Nicola Savino a DeeJay chiama Italia, programma mattutino di punta di Radio DeeJay. I due conduttori a un certo punto parlano di uno spot inglese di una nota marca di tè (che scoprirò essere la Twinings), esaltandone la qualità, le emozioni che suscita e la colonna sonora. Raccontano di una pubblicità efficace, composta da un'animazione molto particolare, sulle note di una cover di Wherever you will go, celebre brano del 2002 dei The Calling.
Dopo accurate ricerche sul web, ho scoperto che l'artista in questione si chiama Charlene Soraia, artista britannica emergente, in uscita con un album, Moonchild, il prossimo 21 novembre. All'interno del disco è ovviamente contenuto il primo singolo Wherever you will go: una cover molto meno rock dell'originale, più dolce ed emozionante, piano e voce, caratterizzata da una pronuncia strana ma particolare. Perfetta, anche nel testo, insomma per accompagnare delle immagini così romantiche.
Lo spot della Twinings mostra, tramite magnifici disegni, una ragazza su una barca, in preda al mare mosso; una situazione che sembra dover finire male ma che si risolve, proprio grazie alla magia del mare, e la ragazza può finalmente raggiungere il suo obiettivo, sè stessa. Lo slogan conclusivo recita: "Twinings. Gets you back to you" (Twinings. Ti riporta a te).
Ho trovato interessante condividere sia lo spot che la canzone di Charlene Soraia, uniti nell'emozione che suscitano negli spettatori/ascoltatori.
"If I could, then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low,
I'll go wherever you will go"


D9P

venerdì 21 ottobre 2011

Adriano Celentano e Negramaro in Non ti accorgevi di me

I Negramaro scrivono per Adriano Celentano. E si sente.
Oggi, venerdì 21 ottobre, esce in tutte le radio il nuovo singolo del molleggiato, Non ti accorgevi di me, che anticipa il nuovo album in uscita il 29 novembre e dal titolo ancora misterioso, che arriva a quattro anni di distanza da Dormi amore la situazione non è buona e a tre dal best of  L'animale. Nel disco numerose collaborazioni celebri, tra le altre con Franco Battiato e Jovanotti.
Ma veniamo al tanto atteso singolo: sorpassato lo spiazzamento di sentire Celentano su una base così rock e ritmata, Non ti accorgevi di me è un mix di passaggi musicali già sentiti. Nulla da dire sull'ottimo stile Negramaro che caratterizza (forse troppo?) il pezzo e sui cori di Giuliano Sangiorgi; in generale siamo di fronte a un brano comunque innovativo per il panorama musicale italiano e la fusione tra la base rock e le melodie della voce di Celentano risulta un esperimento interessante e coraggioso. Entrando nel particolare però si rilevano alcuni tratti molto simili ad altre canzoni: non parliamo certo di plagio ma alcune cadenze della strofa sanno tanto di Vacanze romane dei Matia Bazar. Provate poi a sostituire il "non ti curavi di me" con un bel "vedi tutto attraverso" di Singh-iozzo e noterete anche voi una qualche vaga somiglianza, anche nel ritmo generale della canzone, sostenuto dalla batteria, e nelle schitarrate in puro stile Negramaro. 
Comunque un brano tutto da scoprire e da gustarsi, attendendo la collaborazione di Giuliano Sangiorgi con un'altra big della musica italiana come Mina.

Non è poi stato certo facile
tornare qui da te.
Avrei voluto scappare lontano ma molto lontano
e non chiederti se.

L’ultima volta che hai rubato il giorno al mondo
era per me.
O forse non ero al corrente che il tempo a quel tempo
correva anche per lui.

Non ti accorgevi di me
se poi mi lasciavo cadere
ma mi accorgevo di te
che mai mi venivi a salvare.

Non so nemmeno perché adesso sono qui davanti a te,
sarebbe meglio sparire ancor più lontano lasciando ogni cosa com’è.
Tanto sapere di un altro non cambia,
i miei giorni vissuti ad un passo da te
senza capire perché solo te, mi conservo dei tagli ancora per me.

Non ti accorgevi di me
se poi ti venivo a cercare
ma mi accorgevo di te
che mai eri pronta ad amare
non ti curavi di me
perché già sapevi che io
se mi curavo di te
a far rimanere ancora tu

Ecco son pronto a sapere parlare
proprio adesso che voglio soltanto morir
su quelle tue labbra c’è ancora posto per me
e come d’incanto, dimentico tutto anche un bacio per tre.

Ora ti accorgi di me
sulla bocca e negli occhi
e io mi accorgo di te
nelle tue mani insistenti.

Avrò paura di te
ora che io so sentirti
avrà paura di me
perché ho imparato ad odiarti.
D9P

Best goals of the year


Si avete letto bene, questo non è il solito video con i migliori gol della settimana, bensì quello che raccoglie tutte le azioni e le reti più belle della stagione 2010/11!
Ovviamente non starò qui a raccontarvele tutte, sono 75, da vivere tutte d’un fiato, una dopo l’altra con le telecronache originali accompagnate dalla musica di sottofondo. Il video dura 12 minuti ma ne vale la pena, in quanto vi troverete dentro tutti le reti più belle e spettacolari della passata stagione, dalla rovesciata di Rooney nel derby di Manchester, alla volè di Gareth Bale, il gol da centrocampo di Stankovic, le serpentine di Messi, il gol incredibile di Inzaghi al Barcellona ecc ecc...

Non mi resta che augurarvi una buona visione! 



Mywo

giovedì 20 ottobre 2011

Casa69 Tour per i Negramaro: foto, video e scaletta

Il tanto atteso Casa69 Tour dei Negramaro, rimandato dalla primavera all’autunno a causa di un intervento alle corde vocali di Giuliano Sangiorgi, è trionfalmente partito l’1 ottobre 2011 da Pesaro, passando poi per le quattro date di Roma, le tre di Milano, ed è sbarcato negli ultimi giorni a Torino per due date (18 e 19 ottobre).
Un vero e proprio spettacolo condito da musica, parole, immagini, giochi di luce, filmati e tanto altro, è ciò che i Negramaro hanno preparato per il loro pubblico, studiando ogni particolare e non lasciando nulla al caso. D’altronde non è casuale se la band di maggiore successo degli ultimi anni in Italia, nonché l’unica ad aver riempito San Siro, ha raggiunto questo livello: il lavoro, il talento, la competenza e l’impegno che mettono in campo i Negramaro stanno dando i meritati frutti, affiancando la band salentina ai big della musica italiana come Vasco, Ligabue e la Pausini.

Ma andiamo con ordine: la scenografia è inizialmente coperta da un telone con l’immagine che si trova sul retro dell’ultimo disco, che cade all’arrivo sul palco di un astronauta e lascia spazio al cuore della copertina di Casa69. Caduto anche quest’ultimo, si inizia a suonare e ci viene mostrata la scenografia fatta di pannelli mobili al led che possono viaggiare liberamente per il palco (e non solo). L’impatto è forte, con i componenti del gruppo coperti da quattro pannelli luminosi che poi si alzano e finalmente ci mostrano i Negramaro. Il concerto entra nel vivo con la giusta alternanza tra brani vecchi e nuovi e qualche sorpresa. Su Londra brucia per esempio, Giuliano lascia la reprise finale a Fabio Troiano, celebre attore torinese, visto in Santa Maradona, Dopo mezzanotte e Cado dalle nubi, che recita il testo e poi conquista il palco con un monologo rabbioso. Quest’interessante sorpresa fa parte del progetto Teatro69 dei Negramaro che punta a coinvolgere nel tour attori di varia caratura come è stato a Pesaro con Neri Marcorè o a Milano con Paolo Rossi. Un vero e proprio effetto speciale è il pannello che scende letteralmente in testa al pubblico delle prime file (al limite della pericolosità) divenendo una pedana e accogliendo il frontman della band che vola per il palazzetto sulle note di Apollo 11. Le sorprese continuano con l’omaggio a Amy Winehouse di Giuliano Sangiorgi, che esegue Love is a losing game al pianoforte.
Le entrate e le uscite di scena sono tante, così come i cambi di strumenti e gli intermezzi strumentali: tutto rema verso uno show dinamico che alterna l’energia rock con le emozioni e le lacrime. Non mancano momenti di puro populismo, sicuramente sinceri ma forse risparmiabili, come il ricordo degli operai della Thyssenkrupp o la condanna alla televisione italiana e a Berlusconi. Tutto condivisibile ma forse un po’ forzato, così come la partecipazione del gruppo, poco credibile sera dopo sera.
I Negramaro suonano ben coscienti della loro identità, della fama che hanno raggiunto e del credito accumulato negli anni, e sembrano aver perso un po’ di quella puzza sotto il naso che li rendeva abbastanza antipatici al di fuori della musica. La band salentina si esibisce in ben due ore e mezza di spettacolo senza mostrare segni di cedimento e mantenendo alte l’adrenalina e le emozioni. Uno show apprezzato dai fan più stretti ma anche dai meno dediti, sicuramente difficile da dimenticare.

La scelta delle canzoni in scaletta è sicuramente positiva anche se tralascia alcune canzoni di Casa69 (Dopo di me, Luna, Senza te, Polvere, Il gabbiano) a favore di altre, meno forti (Apollo 11, Casa69). Strana l’assenza di Estate, troppo stagionale forse, e di E ruberò la luna e Cade la pioggia, hit de La finestra. Ecco la scaletta completa:

1 Singh-iozzo
2 Se un giorno mai
3 Mentre tutto scorre
4 Quel matto son io
5 Meraviglioso
6 Manchi
7 Londra brucia (con Fabio Troiano)
8 Via le mani dagli occhi
9 Casa69
10 Nella mia stanza (breve estratto)
11 Solo3min
12 Un passo indietro
13 L’immenso
14 Nuvole e lenzuola
15 Apollo 11
18 Ѐ tanto che dormo
19 Love is a losing game (piano e voce)
20 Intro Solo per te (piano e voce)
21 Basta così
22 Ogni mio istante (chitarre e voce)
23 Quel posto che non c’è (chitarre e voce)
24 Parlami d’amore

D9P

SPECIALE – The Alan Parsons Project (Parte 2)

Ben ritrovati alla seconda parte dello speciale sui The Alan Parsons Project. Prosegue la nostra panoramica della discografia del noto duo prog rock. Dopo aver parlato dei primi due grandi lavori, risalenti alla seconda metà degli anni ’70, veniamo ai dischi della consacrazione.
                               
Pyramid (1978)
Con questo lavoro, il Project inizia a delineare quello che diverrà lo stile dei loro album anni ’80. Il cambiamento “definitivo” (anche se meno marcato in realtà di quanto possa apparire) è tuttavia lontano. Come i dischi precedenti, anche Pyramid viene registrato a Abbey Road ed è tematicamente incentrato, appunto, sulla figura della grande piramide di Giza. In quel periodo infatti, s’era prodotto nel Regno Unito e negli Stati Uniti un certo interesse attorno all’Antico Egitto, più che altro come conseguenza dell’entusiasmo generale nei riguardi del cosiddetto “pyramid power” (teoria che afferma che la forma piramidale abbia poteri soprannaturali che influenzano cose e persone nei più svariati modi). Il tema dellAntico Egitto emerge nelle canzoni del disco anche se in modo meno marcato rispetto al passato. La durata dei brani si accorcia sensibilmente e anche il numero di variazioni all’interno degli stessi diminuisce. Nonostante questo, la varietà stilistica rimane inalterata dal momento che le tracce sono tra loro molto differenti. Dovendo citarne alcune sceglierei certamente la beatlesiana What goes up…, Cant’take it with you o la bella The shadow of a lonely man. A parer mio però i brani più interessanti sono senza dubbio gli strumentali: quando penso a Pyramid, penso a Voyager, Hyper-Gamma-Spaces e a Inthe lap of the gods (la mia preferita).
Eve (1979)
Nel 1979 esce il quarto full-length del duo inglese. Trovo nteressante la cadenza annuale con cui vengono pubblicati gli album: denota un’ispirazione artistica impressionante se contiamo la qualità e la diversità stilistica dei lavori. Quando, nel corso della prima parte dello Speciale, dissi che i The Alan Parsons Project erano in grado di utilizzare la formula concept nei modi più differenti, mi riferii a questo disco. Eve non si rifà a libri, racconti o temi esotici/esoterici ma alla vita quotidiana. I testi sono infatti basati sulla figura della donna e su come gli uomini si rapportano con essa. Musicalmente il disco è davvero valido, forse, in alcuni punti, più di Pyramid. Nuovamente di breve durata, mi pare di cogliervi un ritorno all’impostazione dei primi due album (benchè naturalmente le atmosfere siano completamente differenti). Tuttavia, lo stesso Pyramid echeggia in qualche modo non meglio definibile durante l’ascolto. Per la prima (e unica volta) sono presenti voci femminili su due brani: quelle di Clare Torry (la voce di The great gig in the sky dei Pink Floyd) e di Leslie Duncan (cantante britannica piuttosto nota nei ’70 e, purtroppo, deceduta di recente). Tra i pezzi migliori potrei citare le splendide I’d rather be a man, Winding me up e Damned if i do.
The Turn Of A Friendly Card  (1980)
Eccoci quindi giunti a quello che, personalmente, ritengo il capolavoro assoluto del duo Parsons/Woolfson. Il disco in questione è anche l’ultimo che mi sentirei di definire completamente “prog”: vedremo poi perché. Dietro alla magnifica cover (il riferimento alla cattedrale è poi ripreso nell’ultima, lunghissima, canzone) si celano delle vere perle musicali di inestimabile valore. Il tema, questa volta è il gioco d’azzardo, di come può trasformarsi in una dipendenza e di come può portare persone ragionevoli a perdere tutto. Musicalmente, il disco è progressive, rock e, se mi capite, Alan Parsons Project all’ennesima potenza. Tutto quanto fatto finora giunge a sublime coronamento in un disco che non ha punti morti o cali di tono pressochè mai. Con The Turn Of A Friendly Card, fa il suo debutto al microfono Eric Woolfson: il suo stile vocale è forse inizialmente da affinare, ma diverrà presto un trademark della seconda fase del Project. Difficile, soprattutto per il sottoscritto, isolare dei brani. Dovendo, mi sentirei di indicare May be a price to pay, Games people play e The gold bug. I lettori mi perdoneranno se dedico qualche riga al brano che per me meglio rappresenta i The Alan Parsons Project: la lunga suite che porta il nome dell’album. Inizialmente un pezzo unico (della durata di circa 16 minuti), è stato, nelle successive edizioni del disco, suddiviso nei suoi cinque “movimenti”. Inutile dire che esso raggiunge l’apice quando ascoltato d’un fiato. Il tema pianistico e malinconico dell’introduzione viene ripreso nel finale mentre, nel mezzo, si sviluppano tre “sotto-brani”: Snake eyes (pezzo rock che a parer mio riproduce benissimo l’atmosfera di una bisca), The ace of swords (strumentale introdotta da un meraviglioso clavicembalo) e Nothing left to lose (pezzo melodico cantato da uno strepitoso Woolfson cui segue quello che può, idealmente, rappresentare l’assolo dell’intera canzone). L’unione di tutto questo è LA canzone: The Turn Of A Friendly Card. Se amate la Musica, questo è un disco da avere assolutamente.
Gli altri album
Come avevo affermato in precedenza, fatico a definire “prog” i dischi successivi. In realtà lo stile del duo, data la sua unicità, è sempre ben riconoscibile: tutte le canzoni del Project, suonano come canzoni del Project, se capite cosa intendo dire. Il fatto è che i brani tendono a essere molto orecchiabili e tendenzialmente meno complessi e sperimentali rispetto al passato (oltre che di qualità inferiore). Mi sentirei di definirlo un rock con venature prog più che un prog rock vero e proprio. Naturalmente, a me per primo, queste etichette dicono poco: sta all’ascoltatore trovare una propria personale definizione. Mi esprimo in questo modo per poter comunicare, in modo semplicistico le mie impressioni. Non si cada però nel banale errore di sottovalutare tali album solo perché un po’ più “facili”. Pur non trattandoli approfonditamente, mi permetterò di citarli e di consigliare qualche brano ai gentili lettori.
Eye in the sky – il disco più celebre del Project. Da ascoltare: Sirius, Eye in the sky, Old and wise.
Ammonia Avenue – concept sull’inquinamento. Da ascoltare: Let me go home, Ammonia Avenue.
Vulture Culture – concept sul consumismo. Da ascoltare: Let’s talk about me, Separate Lives, Hawkeye, Vulture Culture.
Stereotomy – concept sulla celebrità e sui suoi effetti sulle persone. Da ascoltare: Beaujolais, Stereotomy.

Gaudi – concept incentrato sulla figura dell’omonimo architetto catalano. Da ascoltare: La Sagrada Familia.
Freudiana – Mi si permetta di citarlo e di spendervi due parole, nonostante non faccia parte della discografia ufficiale del Project. Trattasi di un album dalla varietà stilistica spaventosa. Mi sentirei di dare ragione a Woolfson: l’impostazione è senza dubbio quella di un musical. In svariati brani si può ancora sentire lo stile dei The Alan Parsons Project in tutto il suo passato splendore. Altri brani sono smaccatamente ispirati alle sonorità dei Beatles anche se, in generale, il lavoro è ricco di influenze (sia interne che esterne agli APP). Sicuramente interessante. Da ascoltare: The Nirvana principle, Freudiana, I am a mirror, Beyond the pleasure principle, There but for the grace of God.
Spectraeon_86

mercoledì 19 ottobre 2011

I racconti di Carlo Lucarelli a fumetti: Nuvole Nere


Mentre setacciavo un'edicola alla ricerca di qualche buon fumetto da leggere, mi sono imbattuto nel numero uno di Nuvole Nere, sottotitolato Omissis 25. Il formato dell'albo e il disegno di copertina mi hanno subito fatto pensare a una testata Bonelli, e invece si tratta di un prodotto della Star Comics, casa editrice solitamente associata ai manga (uno su tutti: One Piece). La dicitura "I racconti di Carlo Lucarelli" mi ha incuriosito a sufficienza, e l'ho comprato.
Nella seconda di copertina, Carlo Lucarelli e Mauro Smocovich spiegano la genesi di Nuvole Nere. Si tratta di una serie di racconti del primo, famoso scrittore e conduttore parmigiano, trasposti in miniserie a fumetti dal secondo, autore di romanzi, articoli per riviste letterarie e testi teatrali, insieme a un gruppo di disegnatori. Lucarelli e Smocovich avevano già lavorato assieme per la serie a fumetti Cornelio – Delitti d'autore, il cui protagonista Cornelio Bizzarri aveva le sembianze dello stesso Lucarelli e veniva coinvolto in una vicenda di mistero dalle tinte horror; Lucarelli ha inoltre composto la prefazione del romanzo Non è per niente divertente di Smocovich, scrivendo di lui: "Mauro Smocovich è un narratore, e i narratori non hanno paura di usare qualunque espediente, qualunque mezzo, qualunque sfumatura per raccontare le proprie storie". Ogni numero di Nuvole Nere contiene tre storie di Lucarelli: nel volume uno ci sono Omissis 25, pubblicata dalla rivista "Plot" nel '91, Telefono sostitutivo, compresa nell'antologia Il galateo del telefonino del 1999, e Dark lady, comparsa sulle pagine della raccolta Sex files datata 1997.
In Omissis 25, il carabiniere capitano Romeo, convalescente dopo un'intervento al menisco, inizia quasi per caso a indagare sulle morti violente di due brigadieri. Siamo negli anni Ottanta e il clima dei cosiddetti "anni di piombo" non si è ancora dissipato, anche per via dei segreti inconfessabili che alcuni alti gerarchi militari cercano di tenere tali a ogni costo. Nella storia successiva, il tranquillo professore liceale Mario guasta accidentalmente il proprio telefonino e ne riceve uno sostitutivo da un negoziante, ma presto viene turbato dalle insistenti telefonate di una donna e un tizio losco che lo credono un certo Angelo. Mario diventa preda di una feroce caccia all'uomo, e si troverà a dover sfoderare la grinta che non credeva di avere per riuscire a sopravvivere... e non solo. L'ultima storia è ambientata nell'Africa del 1892: una bellissima prostituta nera porta scompiglio in una colonia italiana, e il tenente Vittorio Filippini ne subisce il fascino al punto di instaurare una sanguinosa competizione con il commilitone Canedda.
I disegni di questo primo volume sono opera di Francesco Bonanno, trentottenne palermitano già disegnatore di Cornelio – Delitti d'autore. Lo stile di Bonanno sembra essere congeniale alla narrativa di Lucarelli e Smocovich, che non a caso lo hanno voluto di nuovo al loro fianco: attento equilibrio di bianco e nero, volti espressivi al punto giusto, linee spesso asciutte ed essenziali. La copertina dell'albo è firmata Andrea Fattori, inchiostratore e disegnatore da qualche anno entrato a far parte della scuderia Bonelli (la mia prima impressione aveva quindi un fondamento di verità!).
Il primo Nuvole Nere è uscito il 12 ottobre, al prezzo di 2.70 euro, ed essendo bimestrale il prossimo numero dovrebbe uscire a metà dicembre. La prima storia, che dà anche il titolo al singolo albo, si intitolerà Nero a più voci e racconterà dei misteriosi assassinii a colpi di rasoio di coppiette appartate sui colli bolognesi; nella seconda e nella terza storia, un ricercatissimo criminale di guerra si costituirà per motivi misteriosi e all'ottavo piano di un palazzo di periferia si indagherà su un orrendo omicidio.

Lor

martedì 18 ottobre 2011

I tre moschettieri 3D tra steampunk e citazioni

Distrutto da buona parte della critica e dal pubblico, I tre moschettieri targato Paul W.S. Anderson (Alien vs Predator, Resident Evil) riscrive la storia di Alexandre Dumas con un cinema palesemente (eccessivamente?) citazionistico. Appare più che ovvio sin dal trailer che lo spettatore cinematografico non può e non deve aspettarsi una trasposizione fedele del romanzo o un film d’autore o d’essai: I tre moschettieri non ha questo tipo di pretese e mischia al suo interno le intuizioni più interessanti del cinema d’avventura e fantascientifico degli ultimi anni. Inutile dunque criticare ferocemente un film che vuole essere solo due ore circa di puro intrattenimento e piacere estetico.
La trama è sempre la solita seppur con qualche cambiamento: un giovanissimo D’Artagnan/Logan Lerman (Percy Jackson, Gamer), dal viso quasi femmineo, desidera diventare moschettiere a tutti i costi e dopo esser giunto a Parigi e aver “casualmente” incontrato i tre più famosi moschettieri Athos/Matthew Macfadyen (Robin Hood, Frost/Nixon), Portos/Ray Stevenson (Thor, Codice Genesi) e Aramis/Luke Evans (Robin Hood, Scontro tra titani), dimostra il suo valore e viene accettato dal trio. Un Re Luigi XIII che fa saltare sulla poltrona per la sua ambiguità e la sua stupidità convoca i quattro protagonisti e si complimenta con loro, con somma rabbia per il perfido Cardinale Richelieu/Christopher Waltz (ormai il cattivo per eccellenza in Bastardi senza gloria e The Green Hornet). Dalla seconda parte del film inizia la missione dei tre moschettieri e D’Artagnan per rovinare i piani a Richelieu, aiutato dalla spia Milady de Winter/Milla Jovovich (Giovanna D’Arco, Resident Evil), e vendicarsi del Duca di Buckingham/Orlando Bloom (Il Signore degli anelli, Pirati dei Caraibi). E come non aspettarsi un bel finale super aperto in pieno stile Troy.
La bassa caratura del film fa passare in secondo piano il cast, che è invece stellare: la personalità dei vari attori tiene in piedi il film e ci dona un’importante caratterizzazione di ciascun personaggio. 
Il film si muove tra azione, ironia e una buona dose di steampunk. Per chi non sapesse cosa significa quest’ultimo termine, lo steampunk è un genere che introduce in un certo periodo storico una tecnologia anacronistica: per capirci, si può citare a esempio il Wild Wild West di Will Smith, in cui giganti ragni meccanici passeggiano per il deserto, o il recente Sherlock Holmes di Guy Ritchie, così come tanti altri. In questo film ci troviamo davanti ad armi troppo moderne e a navi in grado di volare tramite un pallone aerostatico, bersaglio perfetto per far precipitare a terra le navi. Ma ovviamente solo i nostri quattro eroi avranno questa intuizione geniale...
Una scelta che si integra benissimo con lo stile citazionista di Anderson perché lo steampunk gli ha permesso di riproporre (o copiare) scene e idee di numerose altre pellicole e videogiochi: da Assassin’s Creed a Matrix, da Pirati dei Caraibi a Sherlock Holmes, fino a tantissimi altri dettagli presi da altrettante opere. Le citazioni e le assurdità de I tre moschettieri sono troppo palesi per non essere coscienti e non fanno altro che aumentare la spettacolarità delle immagini, innegabile come punto forte del film. Il tutto condito da un 3D per niente fastidioso, forse perchè semi-assente.

I tre moschettieri risponde perfettamente ai suoi intenti, intrattiene e diverte, consegnandoci anche momenti di “ma come fa??” o “ma dai!” fino al finale “ma che c***ata!” che però fanno parte del gioco. Se non fosse per quei 10/11 € del biglietto…

A seguire il trailer del film in cui, guarda caso, c'è una musica molto simile al celebre tema dei Pirati dei Caraibi:

D9P

domenica 16 ottobre 2011

Prandelli e la sua rivoluzione


Dieci posizioni nel ranking FIFA (dal sedicesimo al decimo posto), primato nel girone per le qualificazioni a Euro 2012 e miglior difesa tra tutte le squadre europee. 
Questi sono alcuni dati che di per se dovrebbero già dare la dimensione di ciò, che in questo anno e mezzo, è riuscito a fare Cesare Prandelli. Ricordo a tutti le condizioni in cui il tecnico bresciano trovò questa nazionale: reduci da un mondiale penoso, senza nemmeno esser riusciti a passare il girone eliminatorio (non succedeva da 40 anni), con un gruppo sfaldato, senza idee e privo di prospettive. 
I meriti maggiori sono stati quelli di esser riuscito a trasmettere in brevissimo tempo lo spirito di squadra che ha sempre contraddistinto i suoi team, in particolare l’ultimo, la Fiorentina, senza dimenticare il Parma. Il reparto su cui si è lavorato maggiormente è senza dubbio il centrocampo, in quanto è da lì che è partita la rivoluzione prandelliana. Gli ultimi due tecnici, Donadoni e il Lippi bis, hanno entrambi puntato su moduli che prevedevano attaccanti esterni o ali offensive (4-3-3 e 4-2-3-1), il merito di Prandelli è stato quello di accorgersi come l’Italia sia , in questo momento, totalmente priva di giocatori d’attacco utili a sfruttare a dovere tali moduli. Cerci, Pepe, Giaccherini e Giovinco (che però allontanato dalla porta perde gran parte della sua forza) sono gli unici giocatori adatti, e rappresentano ben poca cosa, sia in quanto a spessore tecnico, sia per quanto riguarda l’esperienza internazionale e l’abitudine a giocare a grandi livelli. 
Di contro, l’offerta in quanto a centrocampisti che avessero determinate caratteristiche, sia tecniche, sia caratteriali e anche d’esperienza non mancava. Anzi in questi ultimi anni ci sono giocatori come Marchisio, Montolivo ed Aquilani che hanno finalmente fatto il definitivo salto di qualità e, affiancati da gente come Pirlo e De Rossi, hanno potuto esprimere tutto il loro valore. L’idea di gioco prandelliana è quella di una squadra che gestisca partita e possesso palla, giocando con un 4-3-1-2 senza un vero e proprio trequartista ma con tutti centrocampisti abili nel palleggio e capaci ad inserirsi per diventare pericolosi in zona gol. Con questo modo di giocare si è fermata la Germania in casa loro e soprattutto si è battuta la Spagna campione di tutto in una partita (io c’ero!) in cui l’Italia ha dimostrato di potersela giocare alla pari con chiunque. 
Come dicevo in precedenza, gli azzurri con due soli gol subiti, hanno la miglior difesa in assoluto tra tutte le squadre che hanno partecipato alle qualificazioni per l’europeo. La fragilità del reparto arretrato era stato uno dei grossi problemi al mondiale, mentre Prandelli nonostante abbia cambiato pochissimi effettivi, è riuscito a ridare la giusta stabilità. Tutto ciò è stato possibile anche grazie alla rivoluzione nel modulo e nei giocatori: paradossalmente un centrocampo senza mediani puri è riuscito a dare compattezza a tutta la squadra, rendendo la difesa molto meno esposta, garantendo un maggiore possesso palla e facendo di fatto calare le occasioni concesse agli avversari. La squadra è riuscita sempre a rimanere corta, le transizioni difensive sono state rapide in quanto l’apporto dei centrocampisti è stato immediato, essendo tutti quanti molto duttili e dinamici. Oltre a quelli già citati, Prandelli ha dato fiducia a Nocerino e Mauri, entrambi preziosi e perfettamente adattabili a questo tipo di gioco, oltre che a Thiago Motta del quale, a mio avviso, si potrà tranquillamente fare a meno, in quanto troppo lento e compassato.
L’attacco ha anch’esso subito diverse variazioni, più che nei giocatori, nel tipo e nella concezione del ruolo. Le prime punte alla Luca Toni sono state semi bandite, sostituite da giocatori completi, spesso veloci, abili nell’uno contro uno, giocatori moderni. Il tandem preferito dal tecnico di Orzinuovi è Cassano – Rossi: entrambi sotto il metro e settantacinque, non sono di certo una coppia di corazzieri eppure si integrano molto bene, e hanno la giusta esperienza anche internazionale. Ad essi va affiancato Pazzini, forse l’unica vera prima punta che Prandelli ha sempre chiamato, in quanto attaccante moderno, capace di svariare su tutto il fronte d’attacco; Giovinco che ha iniziato alla grande il campionato e Balotelli che rimane pur sempre un incognita e molto dipenderà da quello che sarà in grado di dimostrare, con la maglia del City, nel corso della stagione. C’è con tutta probabilità ancora un posto vacante e sarà ovviamente la stagione a determinare chi ne sarà il possessore, con i vari Matri, Quagliarella, Borriello senza dimenticare, come detto da Prandelli in una recente intervista, anche Totti, Di Natale e Del Piero. 
Questa nuova Italia può finalmente guarda agli europei che si svolgeranno in estate con rinnovato ottimismo, conscia che nazioni come Olanda, Spagna e Germania rimangono pur sempre favorite, ma noi abbiamo ritrovato un gruppo unito, compatto e capace di giocarsela con chiunque, e il merito è principalmente di Prandelli.


Mywo

SPECIALE – The Alan Parsons Project (Parte 1)

Abbiamo recentemente parlato dell’ultimo lavoro dei Dream Theater. Restiamo in tema e parliamo di progressive. Un movimento che raggiunge il suo apice negli anni ’70 ma che, a differenza di svariati altri movimenti musicali, può contare svariati ottimi esponenti anche ai giorni nostri. Le sonorità “progressive”, si sviluppano in brani articolati, complicati, tecnicamente ineccepibili, con molte variazioni e, cosa che molti faticano ancora oggi a ingoiare, sovente in tempi dispari. In moltissimi casi, da parte degli artisti, vi è un completo rigetto della forma canzone: la formula “strofa+ritornello+solo” diviene per molti quasi un eresia. Gli artisti se ne allontanano nella direzione opposta e scrivono canzoni, spesso, di lunghissima durata e, altrettanto spesso, completamente estranee al concetto di easy-listening. Il progressive ha dimostrato negli anni di sapersi adattare ai tempi e ai cambiamenti di sonorità, riuscendo a non passare mai di moda. Potremmo iniziare ascoltando il rock progressivo dei Pink Floyd dei ’70, passare poi a quello dei Marillion negli ’80 e continuare con le band progressive rock e metal dei ’90 (Arena, Dream Theater, Pagan’s Mind, Pain Of Salvation, Opeth e moltissime altre) che, imparata la lezione dei maestri, la proiettano nel nuovo millennio. Anche l’Italia può vantare meravigliosi esempi di musica progressiva: un nome su tutti, la PFM. Insomma, tra ieri e oggi, di progressive ce n’è davvero per tutti i palati. Anche per soddisfare i gusti di chi, proprio, non sa rinunciare a nulla. Vorrei parlare di due progetti che corrispondono a quanto appena detto (uno del passato, l’altro più recente) in due Speciali consecutivi.

Cominciamo con il più datato dei due progetti. Gli Alan Parsons Project, sono stati un progetto musicale che, a mio avviso, incarnava tutta la varietà stilistica dei tempi in cui nacque. Se è pur vero che la qualità della sua musica, alla lunga, faticò a reggere il passare degli anni, il Project si distinse sempre dalla massa. Il pionieristico uso di determinati effetti e di tecniche di produzione, unitamente all’abilità compositiva ed esecutiva dei musicisti, li rese unici.


Il progetto musicale nasce dall’incontro tra Alan Parsons, ingegnere del suono alla celeberrima EMI di Abbey Road (dove collaborò alla registrazione del disco Abbey Road dei Beatles e al celebre The dark side of the moon dei Pink Floyd), e Eric Woolfson, di professione avvocato, pianista a tempo perso e, poi, manager di Parsons. La storia del progetto, in realtà, è tutta qui. Almeno fino allo scioglimento. Forse fu la differenza di background musicale dei due, forse fu il clima di fermento artistico tipico della Londra di quegli anni. Fatto sta che Parsons e Woolfson si dedicarono alla composizione di musica nuova, tipicamente progressiva e sperimentale, ma anche sinfonica e orchestrale. L’orchestra è supportata da validi session-men di tradizione rock. Dietro al microfono si avvicendano sempre ottimi cantanti, alcuni dei quali molto noti come John Miles, tra cui lo stesso Woolfson. Altro fattore assai interessante che caratterizza gli album del duo britannico è la formula del concept album. Tutti i loro dischi contengono canzoni legate tra loro, in termini di tematiche. Sebbene il concept album sia già ai tempi una formula collaudata, i due la utilizzano assiduamente e in tutte le sue forme, spaziando tra i più svariati argomenti. Gli Alan Parsons Project sono quindi poliedrici sotto ogni aspetto. Sono in grado di accontentare quasi ogni ascoltatore di musica rock progressiva: qualità nella composizione, tematiche interessanti, canzoni che emanano energia e emozionalità, molte variazioni (che però mai pregiudicano l’orecchiabilità dei brani), sonorità settantiane e classiche amalgamate alla perfezione. La tecnica, ottima anche se probabilmente inferiore rispetto a quella dei campioni del periodo, c’è ed è li per chi voglia curarsene. In alcuni casi, vi è perfino un ritorno alla forma canzone. Un rock progressivo a tutto tondo. Negli anni ’80, il Project cambia genere dedicandosi a un rock decisamente più commerciale (anche se pur sempre di elevata qualità), perdendo in parte il lato prog ma guadagnandoci in notorietà. Un ritorno alle sonorità originarie si ha solo nel 1987, con l’album Gaudi, ispirato alla vita del celebre architetto catalano. Nel 1990, i due scrivono il pomo della discordia: l’album Freudiana. Le canzoni del disco furono oggetto di controversia riguardo l’uso che se ne doveva fare. Parsons propendeva per pubblicarle in forma di album mentre Woolfson desiderava farne un musical. Questo contrasto portò i due alla separazione. Alan Parsons proseguì con una buona carriera solista (fatta di album e di esibizioni live) mentre Woolfson si dedicò attivamente ai musical, dapprima con il già citato Freudiana, quindi con altri progetti più o meno ispirati ai suoi trascorsi nel Project, fino alla sua morte, avvenuta nel 2009 (NdA: parecchio in sordina per altro) a causa di un tumore. Vediamo, quindi, quali sono i dischi più interessanti della fase prog della discografia degli Alan Parsons Project.
                               
Tales of mistery and imagination (1976)

Il primo lavoro del duo è un disco che trae ispirazione da alcuni racconti del grande autore horror americano Edgar Allan Poe. Le atmosfere sono tetre, in alcuni casi addirittura folli, e ben rispecchiano il tono degli oscuri scritti di Poe. Chi ha letto le sue opere farà ancora meno fatica a immergersi nella musica che il Project ci propone. The raven, se non ricordo male il primo brano della storia a utilizzare il vocoder (filtro digitale per voce oggi abusato nel pop da classifica), è un meraviglioso esempio dello stile Alan Parsons Project. Si prosegue con un serie di perle musicali, perfettamente in linea con i temi del concept quali The tell-tale heart (le linee vocali sono quelle di un folle, quale è il protagonista del racconto ominimo), (The system of) Doctor Tarr and Professor Fether e The cask of Amontillado che, a parere di chi scrive, si candida a miglior brano dell’album. Una canzone che incanta con le sue meravigliose melodie sulle quali la splendida voce di John Miles pianifica il crudele omicidio dell’odiato Fortunato: ne scaturisce un’atmosfera di freddezza omicida davvero da brividi. Un album grandioso con passaggi da pelle d’oca.

I Robot (1977)

Il secondo lavoro giunge appena un anno dopo il predecessore ma, di esso, quasi non reca traccia. Le atmosfere sono completamente differenti, benchè lo stile sia sempre lo stesso e ben riconoscibile. Come è intuibile, l’ispirazione per il concept è il romanzo di Isaac Asimov Io, Robot. Il numero dei pezzi strumentali è elevato e nuovamente le sonorità ricalcano perfettamente il tema del concept. Tra i brani più interessanti non si possono non citare I Robot, Genesis CH.1 V.32 o le belle I wouldn’t want to be like you e le magnifiche The voice e Some other time. Disco dalle atmosfere (manco a dirlo) “robotiche”. Interessante e molto godibile anche se, a parere di chi scrive, inferiore al precedente, apre però la strada ad alcuni dei migliori lavori del duo.



(continua…)
Spectraeon_86


venerdì 14 ottobre 2011

La differenza tra me e te è il nuovo singolo di Tiziano Ferro

Il ritorno di Tiziano Ferro è uno dei più attesi dell'anno (così come quello di Laura Pausini), soprattutto dopo l'outing di circa un anno fa. L'attesa è però finita visto che da oggi è in rotazione radiofonica La differenza tra me e te, che anticipa il quinto album di inediti del cantautore di Latina, dal titolo L'amore è una cosa semplice e in uscita verso fine novembre su etichetta Emi Music. Il nuovo album è stato registrato a Los Angeles (in registrazione la versione spagnola) e si vocifera di collaborazioni importanti con Irene Grandi e Nesli.
Ma veniamo al brano: Tiziano Ferro non tradisce il suo passato mantenendo il suo stile inconfondibile e proponendo una ballata che parla d'amore. Ritmo e melodia quindi, così come da tradizione per Ferro, in una canzone di sicuro appeal sul grande pubblico e sulle radio.
Il testo racconta le differenze che possono dividere due persone, i modi diversi di affrontare la vita e le situazioni che ci propone, azzerate però da un sorriso e dall'amore.

Siamo ora in grado di farvi ascoltare La differenza tra me e te, accompagnata da un video del backstage della registrazione del brano, rilasciato oggi sul canale ufficiale VEVO di Tiziano Ferro:


La differenza tra me e te non l' ho capita fino in fondo veramente bene
Me e te
Uno dei due sa farsi male l'altro meno
Però, me e te, beh
Quasi una negazione.

Io mi perdo nei dettagli, nei disordini, tu no
E temo il tuo passato e il mio passato ma tu no
Me e te
E' così chiaro
Sembra difficile

La mia vita mi fa perdere il sonno sempre
Mi fa capire che è evidente la differenza tra me e te
Poi mi chiedi come sto
E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande
A stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi perchè

La differenza tra me e te
Tu come stai, bene, io come sto, boh.. e..
Me e te
Uno sorride di com’è, l’altro piange cosa non è
E penso sia un errore

Io ho due o tre certezze, una pinta e qualche amico
Tu hai molte domande, alcune pessime, lo dico
Me e te
Elementare
Non volere andare via

La mia vita mi fa perdere il sonno sempre
Mi fa capire che è evidente la differenza tra me e te
Poi mi chiedi come sto
E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande
A stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi perchè

E se la mia vita ogni tanto azzerasse
L'inutilità di queste insicurezze non te lo direi
Ma se un bel giorno affacciandomi alla vita tutta la tristezza fosse già finita
Io Verrei da te.

Poi mi chiedi come sto
E il tuo sorriso spegne i tormenti e le domande
A stare bene, a stare male, a torturarmi, a chiedermi perchè

La differenza tra me e te
Tu come stai, bene, io come sto, boh.. e..
Me e te
Uno sorride di com’è, l’altro piange cosa non è
E penso sia bellissimo, penso sia bellissimo

D9P

giovedì 13 ottobre 2011

Arriva Batman: Arkham City


Quando nel 2009 gli sviluppatori di Rocksteady Studios e i distributori di Eidos Interactive lanciarono sul mercato Batman: Arkham Asylum, nessuno era davvero pronto per un videogioco di quel calibro. Un gioco su un supereroe famoso che non fosse il mediocre tie-in di un blockbuster hollywoodiano, che fosse graficamente molto bello e dettagliato, dal gameplay variegato e avvincente, dalla longevità e dal carisma imponenti, non avrebbe potuto che riscuotere un trionfale successo, e così è stato. Da pressoché tutti i recensori sono fioccati voti altissimi (Metacritic riporta una valutazione media di 91/100 per le versioni PC e Playstation 3 e di 92/100 per quella Xbox360), il Guinness World Records lo ha eletto “Most Critically Acclaimed Superhero Game Ever” e le vendite del gioco sono stimate tra i quattro e i cinque milioni di copie.
Com’era lecito aspettarsi, dopo poco più di due anni di lavoro i Rocksteady stanno per tentare di bissare il successo con il loro nuovo Batman: Arkham City. Vista la gran quantità di informazioni sul gioco che gli sviluppatori hanno divulgato negli ultimi mesi, vi proponiamo un comodo riassunto di tutto quello che si sa a oggi.

Il gioco

Batman: Arkham City è sviluppato sempre dai Rocksteady Studios, mentre la distribuzione è passata alla Warner Bros. Interactive Entertainment per America ed Europa e alla Square Enix per il Giappone. Il gioco uscirà per Playstation 3 e Xbox360 il 18 ottobre nel nord America, il 21 ottobre in Europa e il 23 novembre in Giappone, mentre la versione pc è prevista per novembre (la data esatta è al momento ancora imprecisata) e quella per la ventura console Wii U dovrà aspettare il 2012. La trama del gioco, comprensiva di storia, missioni e dialoghi, è opera dello scrittore e produttore statunitense Paul Dini, già autore di quella di Arkham Asylum, storico sceneggiatore di molte serie animate supereroistiche Warner/DC Comics (tra cui Batman: The Animated Series e Superman: The Animated Series) e di numerosi fumetti dello stesso genere, nonché co-sceneggiatore di Transformers, Animaniacs e Lost. Batman: Arkham City, come il suo predecessore, si basa sul motore grafico Unreal Engine 3 e sulla piattaforma di distribuzione e aggiornamento online Games for Windows Live.

Il gameplay

E’ sostanzialmente lo stesso di AA: anche in AC Batman affronterà i cattivi in un connubio di azione e stealth, ovvero un po’ con le buone vecchie scazzottate e un po’ muovendosi nell’ombra e sopraffacendo i nemici con mosse o gadget silenziosi. L’uomo-pipistrello potrà esplorare l’intero nuovo supercarcere Arkham City (una sezione della città di Gotham adibita al contenimento dei criminali, lo stesso spunto del film 1999: Fuga da New York), la cui ampiezza è stata valutata cinque volte più grande dell’ambientazione del gioco precedente. Batman può arrampicarsi sui palazzi con un comodo rampino, per poi planare giù grazie al suo mantello, magari atterrando sulla nuca di un ignaro scagnozzo. Le arti marziali di Batman conferivano ai pestaggi di AA una grazia quasi artistica, e i Rocksteady dicono di averle migliorate e arricchite ulteriormente. Le varie aree della città offriranno missioni e sfide peculiari al giocatore: nei complessi di edifici, come per esempio la zona industriale, si può essere insediato un boss che dovremo raggiungere e sconfiggere facendoci prima largo tra orde di sgherri ed enigmi da risolvere, ma anche per le strade e in luoghi più piccoli si possono celare missioni secondarie ed eventi particolari. La “modalità detective” vista nel primo episodio torna in veste rinnovata: quando Batman la attiva spariscono gli indicatori a schermo, come la mappa, per meglio differenziarla dal gioco normale; l’art director David Hego l’ha descritta come “augmented reality mode”. In aggiunta allo Story Mode, quello standard, il giocatore potrà cimentarsi con la modalità Game Plus, sbloccabile finendo il gioco a difficoltà normale o elevata: sostanzialmente si tratta di una versione ancora più ardua del gioco, con nemici più forti e boss più difficili da sconfiggere, ma con tutti i gadget e i bonus a disposizione di Batman fin da subito. Il Challenge Mode, già presente in AA, proporrà ancora singoli scontri a tempo con classifiche di punteggi online, ma con l’aggiunta di modificatori particolari per variare le sfide: aumento della difficoltà, blocco dei gadget, ecc.

Trama e personaggi

Al momento si sa ancora poco della trama principale di AC. Il malvagio chirurgo Hugo Strange ha fatto rapire Bruce Wayne, il ricchissimo alter ego di Batman, e lo ha fatto imprigionare all’interno di Arkham City, probabilmente come ingranaggio di un disegno criminale più grande; Bruce, che non è certo uno sprovveduto, comincerà a indagare sulla situazione e scoprirà che il supercarcere è in realtà dominato dai detenuti che dovrebbe confinare o rieducare. Alla breve lista degli amici e dei collaboratori di Batman, ovvero il commissario Gordon, il direttore del manicomio Quincy Sharp, il sidekick Robin/Nightwing (sbloccabile in futuro con un dlc, acronimo di downloadable content, ovvero piccola espansione spesso a pagamento), Catwoman (che a quanto pare sostituirà Batman in alcune sessioni di gioco) e il maggiordomo Alfred si contrappone quella davvero nutrita di cattivi. Tornano l’immancabile Joker e la sua spalla Harley Quinn, il cervellotico Enigmista, la seducente Poison Ivy, l’energumeno Bane e il folle Zsasz, e compaiono gli altrettanto famosi Hugo Strange, Due Facce, il Pinguino, Mr. Freeze, Talia al Ghul, il Cappellaio Matto, Deadshot, Jack Ryder alias Creeper, Calendar Man, Solomon Grundy e altri ancora tenuti segreti.

Dettagli vari
AC supporterà il 3D stereoscopico e anaglifico su pc e console, a patto naturalmente di possedere uno schermo HDTV e di indossare gli appositi occhialini. Batman potrà indossare sei diversi costumi, o skin, a seconda di dove si acquista la propria copia del gioco, anche se probabilmente verranno tutti inclusi in una futura edizione omnicomprensiva, come l’eventuale “Game of the Year Edition” che per esempio AA ha avuto. La collector’s edition di AC conterrà, ovviamente oltre al gioco, una statuetta di Batman, il film d’animazione Batman: Gotham Knight, un art book, una mappa e una skin bonus e un codice con cui scaricare l’album digitale con la colonna sonora del gioco. Quest’ultima contiene brani firmati da Serj Tankian dei System of a Down, The Damned Things e altre band più o meno famose.

I primi voti

Mancano pochi giorni all’uscita del gioco e alcune riviste specializzate sono già riuscite a sviscerarlo e recensirlo. I tedeschi di “Play 3” lo hanno premiato con un 97/100, mentre “Playstation Official Magazine Australia” e “Game Informer” gli hanno conferito addirittura il punteggio pieno, 100/100. Le aspettative verso Batman: Arkham City sono altissime, e siamo sicuri che assurgerà a nuova pietra miliare del suo genere.

Qui potete vedere la prima ora del gioco, a vostro rischio e pericolo di spoiler!
Lor