domenica 31 luglio 2011

Il basket in chiaro passa a La7



Una grande novità è in arrivo per tutti gli amanti del basket: dalla prossima stagione infatti la rete del gruppo Telecom ha acquisito i diritti per trasmettere in chiaro il Pacchetto Silver della Serie A di basket. Nelle ultime stagioni è stata Sky a proporre questa esclusiva, sempre con lo stesso pacchetto, che prevede la trasmissione di una gara live della Regular Season ogni settimana, le highlights delle altre gare e, in esclusiva, la Coppa Italia, la Supercoppa e l’All Star Game.

Dal punto di vista mediatico questa è una grande notizia, in quanto ancora una volta il gruppo di La7 si dimostra attento a cogliere, e soprattutto a raccogliere, ciò che viene lasciato dai colossi come Mediaset, Rai e Sky. Il fatto poi che uno sport come il basket torni dopo moltissimi anni ad essere trasmesso in chiaro, fruibile per tutti, rappresenta un’ottima possibilità che sicuramente verrà sfruttata da tutti gli appassionati, ma anche da chi è semplicemente stufo di vedere sempre e solo i soliti sport in tv, come il calcio e i motori in generale. Tornando al gruppo La7, è particolarmente apprezzabile come questa rete sia sempre attenta e aperta a nuove possibilità; ad esempio è l’unica rete che trasmette le partite della nazionale di rugby in chiaro, uno sport questo sempre più seguito.

Marco Ghigliani, Direttore Generale di Telecom Italia Media, ha così commentato l’annuncio della Lega Basket di Serie A sull’assegnazione dei diritti audiovisivi:  Siamo molto soddisfatti dell’accordo raggiunto con la Lega che permetterà a LA7 di arricchire il palinsesto per le prossime stagioni anche con un’offerta sportiva di grande livello. E prosegue: “Il nostro obiettivo è essere un punto di riferimento per tutti gli appassionati di questa disciplina, che in Italia ha una lunga tradizione e un grande seguito, ed è particolarmente apprezzata anche per i suoi valori, pienamente condivisi da LA7. La nostra proposta sarà completata da spazi di approfondimento settimanali anche in modalità multipiattaforma, attraverso quell’integrazione tra tv e web che rappresenta oramai una specificità riconosciuta della nostra offerta".

Rimanendo in ambito cestistico c'è anche da segnalare che gli Europei di basket che si terranno in Lituania, dal 31 Agosto al 18 Settembre, sanno trasmessi in questo caso dalla Rai tramite i suoi canali sportivi (RaiSport 1 e 2), fruibili sul Digitale Terrestre.

Mywo

mercoledì 27 luglio 2011

L’Uruguay vince la Copà America!



Sicuramente era una delle tre squadre favorite all’inizio del torneo. Oltretutto il palmares parlava chiaro: 14 vittorie della Copa America, così come solo l’Argentina, davanti al Brasile fermo a 8.
Però ad esser sinceri non erano tantissimi quelli che avrebbero scommesso sui ragazzi di Tabarez, vista la location, le motivazioni e la voglia dell’Argentina, padrona di casa, e dello stesso Brasile che doveva riscattare un brutto mondiale.
La fase a gironi (qui una descrizione dettagliata) aveva già riservato alcune sorprese ma le fasi finali si sono rivelate ulteriormente inaspettate.

QUARTI DI FINALE

Il primo match dei quarti era la grande sfida Argentina – Uruguay, una partita equilibrata, con occasioni da entrambe le parti. I gol, tutti ne primo tempo, con Perez a cui risponde Higuain, bravo a mettere in rete un grande assist di Messi; la partita si decide ai rigori con l’errore decisivo di Tevez. Anche il Brasile, l’altra grande favorita esce ai rigori, dopo però aver dominato la partita contro un Paraguay che, come vedremo anche nei successivi match, mette in mostra un catenaccio tipicamente “italiano”. I verdeoro colpiscono pali e traverse, mangiandosi anche diversi gol ma l’incredibile accade nei tiri dagli 11 metri, con 4 rigori su 4 sbagliati dai brasiliani. I quarti però sono stati veramente sorprendenti e così anche le altre due favorite vengono eliminate, la Colombia dopo un grande girone eliminatorio vinto, si arrende nei tempi supplementari ad un grande Perù trascinato ancora da Vargas; il Cile che aveva anch’esso brillato nel suo girone , viene clamorosamente eliminato dalla cenerentola del torneo, il Venezuela, che anche grazie ad un pizzico di fortuna (fattore che poi verrà a mancare nella successiva sfida con il Paraguay) riesce a superare i cileni 2-1 sfruttando soprattutto i caldi da fermo.

SEMIFINALI

La prima delle due è Uruguay – Perù. Gli uomini di Tabarez a questo punto sono di diritto i favoriti e questo non sempre è un fattore positivo; in questo match però gli uruguayani dimostrano grande superiorità tecnico tattica, oltre a mettere in mostra il vero trascinatore del torneo: Luis Suarez, il quale con una doppietta assicura alla sua squadra l’accesso in finale. L’altra semifinale, Paraguay – Venezuela vede l’albiroha continuare con il solito catenaccio, e in questo caso i venezuelani sono tutt’altro che fortunati, colpendo 3 tra pali e traverse e vedendosi respingere gol quasi fatti dal portiere e capitano Villar. La gara finisce 0-0 ed è decisa ai rigori dove la maggior tecnica individuale dei paraguayani emerge, consentendogli l’accesso in finale.

FINALE

Uguruay – Paraguay è stata sicuramente una delle partite più belle e intense del torneo, nonostante il risultato finale 3-0 possa far pensare a un match a senso unico. Come sempre i paraguayani, che sono arrivati in finale senza vincere nemmeno una singola partita in tutto il torneo, attuano il loro gioco chiuso, fatto quasi esclusivamente di ripartenze. L’Uruguay invece mantiene il possesso palla, sfiorando più volte il gol e trovandolo poi con Suarez (partita da 9 la sua) al 12’, con un sinistro incrociato a fil di palo. Sul finire del primo tempo arriva anche il raddoppio di Forlan a suggellare un dominio che sul campo si era visto tutto. Il secondo tempo rimane su buoni ritmi, con qualche occasione per il Paraguay, e la rete del definitivo 3-0 ancora di Forlan su assist di Suarez.

SORPRESE CONFERME DELUSIONI

Doveva essere il torneo di Messi, di Ganso e Neymar, di Cavani e Sanchez, e invece è stata senza ombra di dubbio la Copa America di Luis Suarez. Premiato ovviamente come MVP del torneo, l’attaccante del Liverpool ha saputo essere concreto, altruista, tranquillo senza voler/dover strafare, riuscendo a traghettare la sua nazionale fino alla vittoria. I complimenti vanno però a tutta la squadra, a partire dalla solidissima difesa con Lugano vero leader, Coates, giovane colosso e grande promessa, un gran Martin Caceres, e poi ancora Alvaro Pereira decisivo in più di un occasione e lo stesso Forlan che, pur senza brillare come aveva fatto al mondiale, ha mostrato che negli appuntamenti che contano lui riesce comunque ad essere decisivo.
Per quanto riguarda le delusioni non può non esserci l’Argentina in blocco, e di conseguenza la sua stella più luminosa, Lionel Messi che nemmeno questa volta è riuscito a fare la differenza in nazionale, così come la fa quotidianamente nel Barcellona. Sarebbe però superficiale e sbrigativo, oltre che ingiusto addossare tutte le colpe del fallimento argentino sulla pulce, i problemi sono stati altri,  a partire dal tecnico Batista (già sollevato dall’incarico) che non è riuscito a dare un’identità di squadra, fino ad arrivare ai vari Lavezzi, Tevez, Banega ecc arrivati tutti senza motivazioni/energie a questo appuntamento,. Piuttosto deludenti anche i brasiliani Ganso, Pato e Robinho, leggermente meglio Neymar che però ha nuovamente mostrato i limiti (più che altro mentali) che può avere un diciottenne al quale vengono consegnate le chiavi della nazionale.
Le sorprese sono state parecchie, da Joel Campbell, costaricano classe 1992, sul quale hanno già messo gli occhi parecchi club europei, tra cui Arsenal Juventus e Fiorentina, a Vizcarrondo, colonna portante della difesa venezuelana, e poi ancora Estegarribia (ala paraguayana), Valdivia e Coates.
In generale è stato un bel torneo, nonostante le fasi iniziali siano state non proprio brillanti e avvincenti. Le eliminazioni delle squadre favorite hanno sicuramente incuriosito, anche per come sono arrivate, in quanto spesso sono state le motivazioni a fare la differenza.


Mywo

Captain America raggiunge i Vendicatori al cinema


Parliamoci subito chiaro: Captain America: il primo Vendicatore non è un film da cineteca, non è una versione supereroica de Il giorno più lungo e manca della verve che ha caratterizzato i due film di Iron Man.
Captain America è un film molto leggero, senza veri colpi di scena, quantomeno per chi conosce il personaggio, ma comunque piuttosto godibile: calcolando che si tratta, come per Thor, di un grosso trailer destinato al futuro progetto di casa Marvel, il lungometraggio dedicato ai Vendicatori (qui a fondo pagina il teaser trailer), “gli eroi più potenti della terra”, in fin dei conti, non poteva essere altrimenti. 
Venendo alla trama, il giovane Steve Rogers (Chris Evans), quattro volte rimandato alla visita militare, viene scelto per le sue doti morali come cavia per testare il Siero del Supersoldato: con la morte per mano nemica del responsabile del progetto, il professor Erskine (Stanley Tucci), Rogers da cavia diventa il primo e unico Supersoldato americano. Questo potere verrà sfruttato dal Capitano per abbattere l’Hydra, organizzazione terroristica nata da una costola nazista in mano al temibile Teschio Rosso (Hugo Weaving), perfido scienziato a sua volta potenziato dal siero e intenzionato a usare il Tesseract (nei fumetti meglio noto come Cubo Cosmico), artefatto Asgardiano di incredibile potenza, per ottenere la supremazia sul mondo intero.
Capitan America si sacrificherà per salvare il suo paese, ma invece di morire resterà ibernato per settant’anni: il colonnello Nick Fury (Samuel L. Jackson), già visto in Iron Man 2 e nelle scene post-credit di Iron Man e Thor, lo accoglierà quindi nel nuovo mondo reclutandolo per l’iniziativa Vendicatori.
Oltre ai difetti già citati, al film non mancano un doppiaggio non al massimo (il doppiatore di Weaving, in particolare, riduce il personaggio a una macchietta con un accento tedesco degno di Sturmtruppen), una colonna sonora sotto tono, un uso del 3D di scarso livello e, in alcune scene d’azione appena prima dell’inevitabile scontro finale,una regia con tagli e inquadrature che fanno pensare a un fan movie di scarsa professionalità. 
La pellicola gode comunque di alcuni pregi che la portano comunque a salvarla dal flop, rendendo comunque piuttosto piacevole la visione del film: in primo luogo le doti recitative del cast, che vanta anche il veterano Tommy Lee Jones, poi i buoni effetti speciali, non da oscar ma comunque di buon livello, l’ironia con la quale il personaggio di Capitan America viene spesso trattato (si tratta pur sempre di un uomo adulto con un costume azzurro), e i numerosi riferimenti al Marvel Universe cinematografico.
Questo ultimo aspetto rende al fan impensabile la non-visione di questo film, anche solo nell’ottica futura: le armi dell’Hydra, come si intuisce dall’effetto sonoro, saranno usate dal padre di Iron Man, Howard Stark (Dominic Cooper) come base per la tecnologia usata dal figlio Tony per la sua armatura; il siero che dà vita a Capitan America si era già visto in Hulk; il Tesseract è un’eredità lasciata sulla terra da Odino,il padre di Thor, e via discorrendo. E poi c'è la solita scena dopo i titoli di coda...

L’anno prossimo, nelle sale cinematografiche, faranno irruzione i Vendicatori, progetto che riunirà tutti i personaggi visti finora: oltre a Capitan America, potremo vedere insieme Iron Man (Robert Downey Jr.), Hulk (Mark Ruffalo che sostituisce l'impegnato Edward Norton), Occhio di Falco (Jeremy Renner), la Vedova Nera (Scarlet Johansson), Maria Hill (Cobie Smulders) e Thor (Chris Hemsworth). Calcolando la presenza nel cast di alcuni altri pezzi da novanta, da Samuel L. Jackson a Gwyneth Paltrow, le premesse per un colossal d’azione alla pari di Matrix o de Il Signore degli Anelli ci sono tutte: occorrerà solo aspettare fino a Maggio 2012. Intanto però sono già state rilasciate alcune immagini promozionali (clicca per ingrandire): il primo è una locandina destinata al merchandising mentre la seconda è un poster in sette parti (tipico dei fumetti Marvel) che raffigura tutti i protagonisti di The Avengers (qui a fondo pagina il teaser trailer). Vendicatori uniti!


Falco_Nero87

Legalize the premier è il nuovo singolo di Caparezza: video ufficiale


Impossibile credere che con tutti i pezzi energici de Il sogno eretico (come Kevin Spacey o Messa in moto), Caparezza non sfornasse un singolo ad hoc per l'estate. E infatti ecco qui il pezzo più ballabile dell'album proposto come nuova canzone per le radio: Legalize the premier è la traccia n°12 de Il sogno eretico ed è quella che, dopo il primo ascolto del disco, più di tutte rimane in testa per la sua melodia e per l'andamento reggae, ideale per la collaborazione con Alborosie. Legalize the premier è una satira immediata e semplice, ma allo stesso tempo molto efficace, alle attitudini del Presidente del Consiglio italiano, abituato a legiferare a proprio favore, a legalizzarsi appunto. 
Il videoclip è anch'esso abbastanza semplice e sufficientemente chiaro con un Caparezza impegnato a impersonare il Premier in questione, affrontando escort e giudici.
Un'ottima scelta che mira a raggiungere i fasti di Fuori dal tunnel e Vieni a ballare in Puglia, ma che potrebbe essere ostacolato dal timore di esporsi troppo delle radio e delle tv musicali, allontanando il brano dalle spiagge e dalle vacanze degli italiani, in attesa del vero tormentone estivo del 2011.


Vi segnalo anche un altro videoclip di Caparezza tratto sempre dall'ultimo album: si tratta di Ti sorrido mentre affogo e il video è stato girato probabilmente per un progetto esterno, dato che il singolo non si è sentito nelle radio e il pezzo non è accreditato come singolo ufficiale. In ogni caso un prodotto molto particolare, in pieno stile Caparezza e in sintonia con la canzone.


D9P

lunedì 25 luglio 2011

Quarto album per i Rio: Mediterraneo

I Rio sembrano non volersi mai fermare e puntano diritti a quel successo tanto desiderato. Le sponsorizzazioni del Liga finora non sono bastate a far circolare la musica dei Rio nelle radio e in tv e farla arrivare al grande pubblico e perciò la band ci riprova con un nuovo album, uscito a meno di un anno da Il sognatore. Mediterraneo, nei negozi musicali e online dal 28 giugno 2011, è il quarto album dei Rio ed è stato anticipato dai singoli 150 e, recentemente, da Gioia nel cuore. Un disco, c'è da dirlo, inferiore rispetto al precedente che però non perde lo stile del gruppo, tralasciando comunque qualche sonorità molto apprezzata in passato; si è andati dunque verso un rock più commerciale che caratterizza e distingue meno del solito la band nel panorama pop italiano. D'altronde il passaggio dalle location  mariachi a quelle mediterranee è emblematico del cambiamento.
Non mancano ovviamente delle buone canzoni come il singolo molto estivo Gioia nel cuore, che ci proietta direttamente in spiaggia per un time out dalla routine. I brani più interessanti sono quelli che aprono il disco: Quanto dura l'amore è un rock trascinante e coinvolgente ed è forse il pezzo più bello, mentre Hai qualcosa per me è un lento in pieno stile Rio, di quelli che ricordano i vecchi successi. Un altro ottimo pezzo è Pioggia sulla faccia, andamento dolce e un testo rivolto al solito amore andato. Il resto del disco si divide tra alcune canzoni energiche, come Tanto rumore per nulla, Certamente tu e Tutti fuori, e altre più romantiche (la title-track Mediterraneo), senza dimenticare il tema ecologico, tanto caro alla band, con Mondo incredibile.
Personalmente, credo che i Rio meritino più spazio da parte dei media e più attenzione da parte del pubblico, raggiungibile già solo con qualche passaggio radiofonico sulle radio nazionali. Il gruppo intanto è in tour (senza Ligabue) per tutta l'estate e in tutta Italia. Per le date vi rimando al sito ufficiale.


D9P

mercoledì 20 luglio 2011

Harry Potter e i doni della morte - Parte II: tutto finisce


L’ultimo atto di questa fantastica saga è finalmente arrivato. Indipendentemente dal fatto che si siano letti o meno i libri, la curiosità per questo film era altissima; dopo ben 10 anni dalla trasposizione cinematografica del primo dei sette libri, si è giunti al termine di tutto.
La vicenda riprende esattamente da dove si era conclusa: i nostri eroi sono riusciti a scappare da Villa Malfoy grazie all’aiuto di Dobby, l’elfo domestico amico di Harry, il quale però viene ferito a morte da Bellatrix Lestrange. Voldemort è riuscito a venire in possesso della bacchetta di Sambuco, uno dei tre doni della morte, profanando la tomba di Silente. Nel frattempo Harry, Ron e Hermione si sono rifugiati al sicuro a Villa Conchiglia, residenza estiva dei Weasley, in compagnia di Olivander, il famoso venditore di bacchette, e Unci-Unci, un folletto che lavora alla Gringott.
Da qui la storia prosegue seguendo fedelmente il libro, mostrando come i tre giovani scoprono e cercano di distruggere gli Horcrux rimasti, ovvero le sette parti in cui Vodemort aveva diviso la sua anima, così da raggiungere una sorta di immortalita. Prosegue inoltre la ricerca dei “Doni della morte” con nuove scoperte sia sulla loro natura, sia sulla loro utilità. Tra i vari film che sono stati prodotti questo è sicuramente il più curato, ricco di dettagli e, visto anche ciò che rappresenta, il più epico. Ovviamente per i lettori che conoscono già la vicenda è impossibile non notare diversi tagli/cambiamenti rispetto alla storia originale, dovuti a questioni di tempi e dinamiche cinematografiche; la divisione di quest’ultimo episodio in due parti  ha sicuramente favorito la qualità e la fedeltà delle rappresentazioni.  Una piccola critica che mi sento di fare, da lettore,  è quella della mancanza della magia. Mi spiego: le scene e le ambientazioni sono curatissime, c’è grande attenzione agli effetti speciali, ai movimenti degli attori nelle battaglie e nella realizzazione di quei personaggi non reali come Folletti, Giganti, Dissennatori, Draghi; quando però si arriva agli scontri diretti manca molto spesso (soprattutto nel duello Harry-Voldemort) la narrazione completa e dettagliata delle magie, nonché la pronuncia del loro nome.
L'eccezionale capacità della Rowling di farci immergere persino nei piccoli particolari, facendo apparire i duelli non come fini a sè stessi, ricchi di suspence, è probabilmente irraggiungibile, così come in tutte o quasi le trasposizioni cinematografiche dei romanzi. Si vedono grandi flussi di energia colorati senza quella magia che ha reso Harry Potter il maghetto più amato di sempre.
Particolarmente interessanti sono state le rappresentazioni di scene fondamentali, fonte di grande curiosità per i fan più accaniti. Mi riferisco per esempio al “paradiso” in cui Harry incontra Silente, alla lacrima di Piton, al flashback nel Pensatoio e ovviamente alla scena finale.

Giunti al termine lo spettatore non può che essere soddisfatto, anche se un misto tra malinconia e tristezza lo accompagnano inevitabilmente verso l'uscita, conscio di aver assistito al fenomeno cine-letterario più importante degli anni Duemila.

Mywo

Oscar Pistorius ce l’ha fatta!

Oscar Pistorius è un atleta sudafricano di atletica leggera, ma da oggi per molte persone in tutto il mondo rappresenta qualcosa in più. 
La sua storia è particolare: nasce a Pretoria il 22 novembre del 1986 con una grave malformazione ai peroni e ai piedi, tanto che all’età di 11 mesi i medici devono ricorrere a una doppia amputazione delle gambe. Oscar inizia da subito a praticare sport, rugby e pallanuoto, e si avvicina all’atletica dovendo fare riabilitazione. Da lì in poi la sua vita cambierà totalmente. Alle Paralimpiadi di Atene nel 2004 arrivano i primi successi internazionali, a soli 17 anni Pistorius vince il bronzo nei 100 metri e l’oro nei 200, battendo atleti ben più quotati di lui.
Dopo questi successi inizia la battaglia con la IAAF (International Association of Athletics Federations) in quanto il desiderio di Oscar è quello di correre con i normodotati alle Olimpiadi di Pechino 2008. La federazione però gli nega questo permesso in quanto, non avendo la parte inferiore degli arti, Pistorius corre attraverso delle protesi in carbonio che a detta loro “danno un vantaggio meccanico dimostrabile (più del 30%) se confrontato con qualcuno che non le usi". L’atleta però non si da per vinto, ricorrendo al TAS, e il 16 Maggio 2008 viene riabilitato dal tribunale sportivo. Le motivazioni che portano a questa decisione sono le seguenti: “al momento non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare che Pistorius tragga vantaggio dall'uso delle protesi”.
Il problema di Oscar a quel punto era solo il tempo: Pistorius per partecipare alle Olipiadi di Pechino deve realizzare il Minimo A (tempo minimo richiesto per poter gareggiare in una disciplina delle Olimpiadi), ma Oscar non ha mai corso così forte, e il tempo che gli resta è troppo poco. Purtroppo per lui non riesce nell’impresa, ma partecipa comunque alle Paralimpiadi vincendo l’oro in tutte e tre le discipline disputate: 100, 200 e 400 metri.
Le Olimpiadi di Londra sono però un obbiettivo lontano e in questo caso Pistorius, grazie alla sua incredibile forza di volontà, continuando ad allenarsi assiduamente, riesce finalmente a fare quel tempo. L’occasione è il meeting di Lignano Sabbiadoro, località cara ai big dell’atletica, che lo usano spesso come sede del ritiro. Oscar fa segnare un 45.07 nella gara dei 400 metri, garantendosi oltre alla partecipazione ai Mondiali di Daegu, anche quella alle Olimpiadi di Londra 2012.La sua storia è molto emozionante, in quanto non è mai stato provato un effettivo incremento delle possibilità motorie grazie alle protesi, ma soprattutto ciò che mi sento di sottolineare è un altro fatto: Pistorius non potrà di certo competere con i migliori, molto probabilmente non passerà nemmeno le fasi eliminatorie, ma questo per lui non ha nessuna importanza. La sua battaglia, la sua sfida era quella di riprendersi ciò che madre natura gli aveva tolto, e ci è riuscito con tantissimi sacrifici, senza arrendersi mai. Grande Oscar! 

Mywo

I primi trailer di The Amazing Spiderman e di The Dark Knight Rises

Inizia in questi giorni la sfida tra due dei film più attesi del 2012, vale a dire i nuovi capitoli dei due supereroi più famosi di tutti i tempi, uno della DC Comics, Batman, e uno della lanciatissima Marvel, Spiderman, l'Uomo Ragno. 
Per quanto riguarda il terzo e conclusivo episodio della saga di Christopher Nolan, le notizie sono ben poche, se non quelle sul cast. L'unica fonte di dettagli su The Dark Knight Rises è il teaser trailer rilasciato in questi giorni in cui si possono vedere alcune brevi scene del film. Interessante l'apparizione di Bane (Tom Hardy), il cattivo di turno, pronto a iniziare un duello con Batman (Christian Bale), ma ancora più intrigante e enigmatico è la presenza sullo sfondo, nell'ultima scena del trailer di una figura di bianco vestita. Che sia un altra nemesi per Batman? E' strano infatti che l'intero film si possa reggere solo su Bane (foto in basso).
Di tutt'altro genere è il trailer di The Amazing Spiderman, diretto da Marc Webb con Andrew Garfield (The Social Network) nel ruolo di Peter Parker, Emma Stone (Amici di letto - Istruzione per l'uso) in quello di Gwen Stacy e Rhys Ifans (I love Radio Rock) nei panni del Dottor Connor, alias Lizard. Il trailer mostra le origini dell'Uomo Ragno in una chiave diversa rispetto alla trilogia di Sam Raimi, più scanzonata. Qui le vicende sembrano più dark, più oscure, più serie, mentre chi legge i fumetti sa che la leggerezza e l'ironia caratterizzano le strisce di Spiderman da sempre. Un misto tra le due cose sarebbe l'ideale ma il risultato finale lo vedremo solo il 3 luglio 2012. Ecco il trailer in qualità screen in cui però non si vede Lizard (foto in basso):
Si preannuncia un'estate cinematografica ricchissima quella del 2012, condita anche dal colossal Marvel sui Vendicatori (qui il teaser trailer), in cui però il ragno e il pipistrello lotteranno per conquistare il primato ai botteghini.
D9P

venerdì 15 luglio 2011

Copa America 2011: la fase a gironi


La prima fase del torneo sudamericano si è conclusa, ovviamente con alcune sorprese come era lecito attendersi da una competizione di questo genere. In realtà le prime partite non sono state del tutto entusiasmanti, con le “big” che complice anche l’organizzazione strutturale del torneo, non si sono dannate l’anima da subito. Spiegandomi meglio, c’è da dire che essendoci 3 gironi da 4 squadra ciascuno, in cui passano le prime 2 più le 2 migliori terze, è facile comprendere che se su 12 squadre complessive, accedono alla fase successiva in 10, le squadre minori facciano di tutto per chiudersi e strappare pareggi, mentre le favorite approccino al torneo in modo più soft.
Da tutto ciò ne è venuto fuori che tra le 3 teste di serie, nonché favorite per la vittoria finale, solo il Brasile sia passata come prima nel suo girone. A dirla tutta nemmeno i verdeoro hanno brillato, anzi tutt’altro, infatti la loro leadership è data soltanto da una miglior differenza reti rispetto al sorprendente Venezuela, anch’esso a 5 punti. Argentina e Uruguay si sono dovute accontentare dei secondi posti nei loro gironi e questo le porterà a scontrarsi già nei quarti.

Gruppo A

  • Colombia 7
  • Argentina 5
  • Costa Rica 3
  • Bolivia 1

La prima sorpresa come potere vedere dalla classifica soprastante è sicuramente il mezzo flop della squadra di Messi & Co. Proprio la pulce è stata additata come capro espiatorio per i due deludenti pareggi nei primi due match. Il tecnico Batista ha voluto riproporre un 4-3-3 stile Barcellona, lasciando il pallone d’oro libero di svariare su tutto il fronte. Lasciando stare le evidenti differenze tra le due squadre, è da subito apparso chiaro come Messi non si trovasse in quel tipo di gioco; un conto è avere dietro e intorno due giocatori come Xavi e Iniesta, un altro avere 3 centrocampisti di rottura, seppur discreti nell’impostazione, come Banega, Cambiasso e Mascherano. Nella terza partita il tecnico è tornato sui suoi passi sbilanciando la squadra in chiave offensiva e paradossalmente facendogli così trovare molta più stabilità e quadratura di gioco. Il 4-2-3-1 con il quale è stata affrontata la Costa Rica (3-0) con due soli mediani più Aguero, Messi e Di Maria (fin’ora incomprensibilmente escluso dall’11 iniziale) dietro ad Higuain ha ridato gioco e spettacolo. La vera rivelazione è stata però la Colombia; rivelazione forse solo in parte per chi scrive visto che nel nostro precedente articolo (QUI) era già stata indicata come una delle probabili sorprese. I colombiani si sono dimostrati squadra tosta, organizzata alla perfezione, con un gioco molto più europeo che sudamericano. Hanno vinto di misura all’esordio contro la Costa Rica, hanno poi pareggiato con l’Argentina rischiando più volte di beffarli (e avrebbero in ogni caso meritato) e hanno infine dominato la partita finale contro i Boliviani dove ha finalmente trovato il gol (doppietta) il vero leader di questa squadra: Radamel Falcao che anche in questa competizione sta dimostrando tutto il suo valore. 


Gruppo B

  • Brasile 5
  • Venezuela 5
  • Paraguay 3
  • Ecuador 1


Come già accennato il Brasile è riuscito a vincere il suo girone risultando però convincente solo nell’ultimo decisivo match, vinto 4 a 2 contro l’Ecuador. La squadra messa in campo da Menezes è sembrata sottotono con molti giocatori fuori forma, a partire da Daniel Alves, così come Ganso e Pato. Questi ultimi due si sono ripresi con prestazioni in crescendo arrivando a segnare una doppietta (Pato) e a fornire assist decisivi (Ganso) nell’ultima partita, mentre il terzino del Barcellona, complice anche un’annata giocata ai 1000 all’ora, è stato egregiamente sostituito da Maicon, che presumiamo difficilmente perderà il posto in questo torneo. Il Venezuela dopo il pareggio all’esordio proprio con il Brasile, è riuscito a rimanere imbattuto vincendo di misura con l’Ecuador e agganciando il secondo posto nella decisiva partita finale con il Paraguay, pareggiando 3 a 3 nei minuti finali. L'Albirroja nonostante abbia dimostrato la consueta caparbietà e coesione di squadra, ha a sua volta deluso leggermente le aspettative, le quali la vedevano comodamente qualificato come seconda del girone e non ripescata tra le migliori terze come poi è finita.

Gruppo C

  • Cile 7
  • Uruguay 5
  • Perù 4
  • Messico 0


Il gruppo C è stato molto interessante e combattuto e ci ha fornito da subito una conferma, più che sorpresa, ovvero il Cile di Sanchez in testa al girone. Nonostante non ci sia più Bielsa alla sua guida, questa rimane una squadra piena di talento, del tutto imprevedibile e capace di segnare almeno un gol in tutte e 3 le partite. Sanchez, Isla, Vidal, Jimenez e Valdivia (quest’ultimo davvero sorprendente) sono tutti giocatori pieni di talento e inventiva che fanno di questa squadra una seria pretendente al titolo. L’Uruguay ha parzialmente deluso, trovando la vittoria di misura solo nell’ultima gara dopo due pareggi (entrambi per 1-1). In particolare ci si aspettava qualcosa di più dal super tridente, invece Cavani non si è visto (peraltro ha saltato per infortunio la terza gara), Forlan non è al meglio e l’unico che è sembrato in forma e voglioso di dimostrare qualcosa è sembrato Suarez. Nei quarti troveranno da subito l’Argentina in un match da dentro fuori storico, se non altro perché entrambe le formazioni sono a quota 14 nelle vittorie del torneo. Una squadra di cui si è parlato poco ma che invece ha molto ben figurato, è sicuramente stato il Perù. Il fiorentino Vargas, che a causa di un infortunio non avrebbe nemmeno dovuto partecipare al torneo è stato invece il vero leader, trascinando la squadra ad una buona qualificazione come migliore terza.

Tabellone fase finale


Di seguito vi proponiamo il tabellone della fase finale ad eliminazione dirretta, dove ci saranno da subito scontri molto interessanti. 





Mywo

mercoledì 13 luglio 2011

Sherlock Holmes 2: il primo trailer ufficiale



Il seguito dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie del 2009 è uno dei film più attesi dell'anno e finalmente siamo in grado di mostrarvi il primo trailer completo, rilasciato oggi con l'arrivo dell'ultimo capitolo di Harry Potter. Sherlock Holmes: Gioco di ombre, in uscita in italia il 25 dicembre 2011, racconterà la sfida tra l'investigatore (Robert Downey Jr.) e la sua più celebre nemesi, Moriarty (Jared Harris), e vedrà ovviamente la presenza di Watson (Jude Law), di Mycroft Holmes (Stephen Fry), fratello di Sherlock, e della new entry Sim (Noomi Rapace), una zingara capace di prevedere il futuro. La trama sarà ispirata al racconto di Arthur Conan Doyle, L'ultima avventura, e si svolgerà circa un anno dopo il primo film.

D9P

Un gruppo di samurai contro l'armata del male: 13 Assassini

Takashi Miike è un personaggio piuttosto particolare. Nato nel 1960 a Yao, nella provincia giapponese di Osaka, Miike è stato sceneggiatore e regista televisivo prima di dedicarsi al cinema: nel 1991 esordisce con i film d’azione Eyecatch Junction e Lady Hunter. Da lì in poi comincia a dirigere in media cinque-sei film all’anno, perlopiù d’azione violenta spesso ambientata nel mondo della Yakuza, la mafia giapponese; tra il 2001 e il 2002 arriva a firmare ben 14 pellicole. Non molte delle sue opere sono arrivate nelle sale occidentali, ma tra queste lo splatter Ichi the Killer (2001), l’horror The Call – Non rispondere (2003) e il film d’animazione Yattaman (2009) hanno riscosso un notevole successo. La sua trilogia conosciuta come Black Society, girata tra il 1995 e il 1999, piacque tantissimo a Quentin Tarantino, tanto che questi ne ha citato la frase finale in Kill Bill vol. 1 (Uma Thurman recita: “Un giorno, se la cosa ti brucerà ancora e vorrai vendicarti, io ti aspetterò”). Miike non è particolare solo per la sua prolificità o per la sua volontà di esplorare generi e temi molto diversi con i suoi film, ma anche per l’alta dose di violenza e di perversione che scaturiscono dai suoi personaggi e dalle loro vicende: scontri disperati, fughe impossibili, drammi familiari, avventure fuorilegge, il tutto messo in scena con montaggi molto dinamici, in cui si alternano piani sequenza e tagli veloci da videoclip.
Ed è esattamente quanto troviamo nel suo nuovo 13 Assassini (Jûsan-nin no shikaku, 2010), remake dell’omonimo film del 1963 diretto da Eiichi Kudo, presentato in concorso alla 67° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e arrivato nelle sale italiane lo scorso 24 giugno. Esso appartiene al jidai-geki, termine che indica un film o una rappresentazione teatrale ambientati nel periodo Edo, ovvero gli anni tra il 1603 e il 1868, in cui la dinastia dei Tokugawa detenne il potere politico e militare in Giappone.
Il malvagio Naritsugu Matsudaira (Gorô Inagaki), fratello minore dello shogun (generale alle dirette dipendenze dell’imperatore), è solito stuprare, mutilare e trucidare i suoi servi per divertimento, e si appresta a diventare un pericolosissimo comandante dell’esercito giapponese; un alto funzionario del governo, impossibilitato a condannarlo pubblicamente per i suoi atroci crimini, assolda il coraggioso e onorevole samurai Shinzaemon Shimada (Kōji Yakusho) e tutti i samurai che riuscirà a riunire per mandarli a uccidere Naritsugu. Tra i samurai del gruppo spiccano Shinrokurō Shimada (Takayuki Yamada), vizioso nipote di Shinzaemon in cerca di redenzione, il feroce ronin (samurai mercenario) Kujūrō Hirayama (Tsuyoshi Ihara), il giovanissimo Shōujirō Ogura (Masataka Kubota) e il cacciatore vagabondo Koyata Kiga (Yūsuke Iseya), estraneo al mondo dei samurai ma simpatico, solidale e bravo a spaccare crani a suon di pietrate. Al servizio dell’empio Naritsugu c’è però Hanbei Kitou (Masachika Ichimura), esperto di battaglie e fedele al suo signore a prescindere dalle sue azioni, nonché acerrimo rivale di Shinzaemon. La task force di samurai ribelli organizzerà un agguato al corteo di Naritsugu in un piccolo villaggio di confine, installandovi parecchie trappole letali e preparandosi al “massacro totale” implorato da una vittima del cattivo. Riusciranno i nostri sparuti eroi ad affettare le centinaia di soldati nemici e a riportare la pace nel paese?
Filmone epico che a noi occidentali ricorda concettualmente 300, 13 Assassini parte con alcune sequenze molto crude, passa per delle fasi più ragionate (e fin troppo lente) per poi sfociare in un caotico bagno di sangue. Gli attori sono tutti molto solenni (tranne Koyata) nel loro affrontare un destino tragico e ineluttabile, e la battaglia nel villaggio è degna di un kolossal, con ambienti e costumi curatissimi e coreografie entusiasmanti. In primo piano c’è il tema dell’obbedienza del samurai alla gerarchia, ferreamente rispettata da Hanbei e a cui invece Shinzaemon sceglie di ribellarsi nel nome del popolo calpestato dalla follia del suo signore; tema che si può accostare alla sregolatezza dello stesso regista Miike e alla sua scarsa considerazione per il cinema più tradizionale e per le leggi del mercato. Ma aldilà delle elucubrazioni dei critici, degli storici e dei filosofi, 13 Assassini rimane essenzialmente un potente film storico d’azione splatter, con moltissime scene brutali, pochi personaggi caratterizzati a sufficienza, qualche gag divertente e un folklore dal carisma indiscutibile. Un sentito grazie alla BIM Distribuzione per averlo portato in Italia, anche se in pochi cinema e con una scarsissima promozione pubblicitaria, carenze che probabilmente ne decreteranno il flop commerciale.

Lor

giovedì 7 luglio 2011

La videochiamata arriva su Facebook: il link per aggiornare

La capacità di rimanere ai vertici è data sicuramente da un’idea geniale che sta alla base del più famoso social network al mondo, ma anche e soprattutto dalla capacità di sapersi rinnovare, rimanendo  costantemente aggrappati a quelle che sono le nuove esigenze e novità!
Così facendo Mark Zuckerberg ha da pochi giorni rilasciato alcuni interessanti aggiornamenti per Facebook, molto simili alle innovazione portate da Google Plus, il nuovo Social lanciato recentemente dal colosso di Mountain View.
Dalla collaborazione instaurata lo scorso anno con Skype è nata la possibilità di effettuare delle video chat. L’unico requisito richiesto sarà l’istallazione di un veloce plug-in che farà magicamente comparire nella parte superiore destra della conversazione il pulsante “chiama” , visualizzato mediante una videocamera stilizzata. Questa funzione non sarà fruibile attraverso gli smartphone e nel caso in cui l’utente chiamato non risponda, c’è inoltre la possibilità di registrare un breve videomessaggio che rimarrà attivo fino alla successiva connessione della persona cercata.
Le novità però non finiscono qui in quanto Zuckerberg ha finalmente messo mano a quella che è sempre stata la pecca maggiore di Facebook, ovvero la chat, molto povera graficamente e priva di diverse funzionalità. Non stiamo parlando ovviamente di una rivoluzione però è stata introdotta la possibilità delle chat di gruppo, con l’opportunità di parlare contemporaneamente con più persone e di poterne aggiungere altre semplicemente trascinando il loro nome dalla lista della chat. In questo caso quelli di Google sono stati più “bravi” introducendo anche le video chat di gruppo, non presenti attualmente su Facebook.
La chat è stata inoltre leggermente modificata a livello grafico e ora nella colonna di destra appariranno oltre agli amici online anche quelli con i quali si interagisce maggiormente.
Sarà interessante vedere se questi “accorgimenti” basteranno per evitare il passaggio di moda di questo social network in favore della novità Google Plus.
Per poter disporre dei nuovi aggiornamenti sarà sufficiente cliccare qui https://www.facebook.com/videocalling


Mywo

martedì 5 luglio 2011

Quello che comunemente noi chiamiamo amore è il terzo singolo di Max Pezzali

Max Pezzali, dopo il successo de Il mio secondo tempo e l'indifferenza attorno al secondo singolo Credi, ci prova con un terzo brano, forse il migliore del disco Terraferma: Quello che comunemente noi chiamiamo amore. Una ballata romantica che racconta, tramite quelle parole semplici che hanno reso Max Pezzali un mito per tante generazioni, il significato dell'amore: un'illusione? una canzone? una poesia? un istinto? Oppure il solo senso di essere qui e il vivere fino in fondo un viaggio per comprendere finalmente "quello che comunemente noi chiamiamo amore". 
Il videoclip, rilasciato in questi giorni, è stato diretto stranamente da Fabio Berton e non dai fedelissimi Manetti Bros che accompagnano Max e gli 883 dagli inizi. Un video semplice, un montaggio di immagini del tour 2011 che ha riempito i palazzetti, riscuotendo un enorme successo.


Testo:

"Quello che comunemente noi chiamiamo amore 
forse non è altro che un paradosso, un'illusione
qualche cosa di cui tutti hanno sempre scritto
senza veramente mai sapere come fosse fatto

anche perchè guardo fuori e fuori non ce n'è
(anche perchè guardo fuori e fuori non ce n'è)
un milione di persone però lui non c'è
(un milione di persone però lui non c'è)
universi separati con le cuffie nelle orecchie
persi in una collettiva solitudine

E se invece fosse il solo senso di essere qui
l'unica ragione per cui valga la pena di
fare tutto il viaggio e comprendere
quello che comunemente noi chiamiamo amore
E se fosse l'unico motivo che c'è
il significato ultimo per cui vivere
fino in fondo il viaggio e comprendere

Quello che comunemente noi chiamiamo amore
è qualche parola di una poesia o di una canzone
forse è solo un meccanismo che ci scatta dentro
solo un istinto che però chiamiamo sentimento

Come quando ti ho sentito avvicinarti a me
ed il cuore forte ha cominciato a battere
come la risata contagiosa di un bambino
come quando tutto sembra un pò più semplice

Hey, don’t care, I’ll always be with you
Don’t care, we can all see the truth
But there’s one thing I have to say
Don’t worry about yesterday
Yes, I’ll be your man
You’d better understand
And I promise that
My love you can’t forget
‘Cause, hey, this is my time
Love will never die.

E se invece fosse il solo senso di essere qui
l'unica ragione per cui valga la pena di
fare tutto il viaggio e comprendere
quello che comunemente noi chiamiamo amore
E se fosse l'unico motivo che c'è
il significato ultimo per cui vivere
fino in fondo il viaggio e comprendere
quello che comunemente noi chiamiamo amore
"

D9P

Il tour dei Korn sbarca in Italia

I Korn sono tornati in Italia. Finalmente.
Dopo un anno dal loro ultimo album Korn III: Remember who you are, del quale consiglio l’ascolto soprattutto per il suo distaccamento dai due precedenti lavori (See you on the other side e Untitled) legati ad uno stile industrial metal e poco coerente con la band, i tre di Bakersfield sono partiti per un nuovo tour regalando ai fan del Bel Paese tre nuove date: Padova, Roma e Torino.
Io ho partecipato a quest’ultima a Collegno (TO), essendo un fan di vecchia data della band e ne sono rimasto positivamente colpito.
Ero pronto a sorbirmi le cattive sonorità dei pezzi industrial ma i Korn hanno spiazzato l’intero pubblico del Colonia Sonora (manifestazione che ha ospitato l'evento) eseguendo dall’ultimo album solo due canzoni (Pop a pill e Oildale), Coming undone e Twisted transistor da S.Y.O.T.O.S. e nessuna da Untitled.
Il resto del concerto è stato un tripudio di ricordi e brani storici. La band è partita con il botto: Blind e il suo famosissimo “Are you ready!?” iniziale, per poi continuare con un altro grande pezzo, Here to stay.
Jonathan Davis, con il suo immancabile kilt ha allietato i pubblico con la cornamusa (Shoots and ladders), Fieldy slappava il basso come solo lui sa fare e Munky continuava a saltellare a destra e sinistra del palco coinvolgendo la folla a danzare insieme a lui.
Una coreografia povera, un nero telone con la scritta "Korn", è bastato per fare da contorno ad uno show energico, con pochi fronzoli ma grande passione.
Non sono mancate le sorprese come la cover di One dei Metallica e una versione esclusiva di Alone I break. Il finale, dopo Got the life, Falling away from me ed una Somebody someone  che ha fatto esplodere l'arena, è stato un crescendo, con la band che ha continuato a cantare una decina di pezzi storici e singoli senza sosta (alcuni interi, altri solo strofa e ritornello) quali Make me bad, Thoughtless, Did my time, Clown accompagnati da un We will rock you spuntato dal nulla.
Come ultima traccia, la più cattiva: Y’all want a single, poi i saluti e qualche autografo.
Un concerto molto fisico, vivo, libero dai vincoli dei tour promozionali, con un’unica pecca, la brevità: lo show è durato 80 minuti circa.
Una nota positiva il dj set metal tra la band d’accompagnamento (gli Stillwell) e il check degli strumenti, un’ottima idea per non rendere infinita l’attesa dei fan.

Lares 

La notte della rete: info e diretta

Guarda la registrazione video dell'evento "La notte della rete"
svoltosi in diretta streaming il 5 luglio dalle 18 alle 21.30


Video streaming by Ustream


Martedì 5 luglio dalle 17.30 alle 21 alla Domus Talenti a Roma ( via delle Quattro Fontane, 113 ) avrà luogo la manifestazione di protesta “La notte della rete
Fra i presenti all’evento già confermati:
Fulvio Abate, Pierfrancesco Bazzoffi, Olivero Beha, Rita Bernardini, Marco Berry, Emma Bonino, Roberto Cassinelli, Pippo Civati, Nicola D’Angelo, Juan Carlos de Martin, Stefano Disegni, Tana de Zulueta, Antonio Di Pietro, Federica Festa, Dario Fo, Giovanbattista Frontera, Alessandro Gilioli, Peter Gomez, Beppe Giulietti, Peter Gomez, Fabio Granata, Margherita Hack, Carlo Infante, Giulia Innocenzi, Ignazio Marino, Gianfranco Mascia, Gennario Migliore, Roberto Natale, Leoluca Orlando, Luca Nicotra, Leoluca Orlando, Flavia Perina, Marco Perduca, Marco Pierani, il Piotta, Donatella Poretti, Enzo Raisi, Franca Rame, Lidia Ravera, Fulvio Sarzana, Marco Scialdone, Guido Scorza, Sergio Spina, Antonio Tabucchi, Mauro Vergari, Carlo Verna, Vincenzo Vita, Vittorio Zambardino.



Domani l'Agcom voterà una delibera che gli (auto)conferirà pieni poteri in materia di diritto d'autore su internet. Cosa significa? Significa che a fronte di una segnalazione da parte del detentore di un diritto d'autore su un'opera l'Agcom potrà rivolgersi al servizio di hosting che ospita un sito per ordinare la rimozione del contenuto o la cancellazione completa dell'intero sito che ne ha fatto uso. Senza interpellare il creatore del sito. E, cosa ancora più grave, senza interpellare un giudice.

Questo vuol dire che da un giorno all'altro qualsiasi sito, blog o altro posto nel web che utilizzi immagini, video o audio coperti dal diritto d'autore potranno vedersi cancellate intere pagine del sito (se non l'intero sito) senza alcun preavviso e/o giustificazione. Qualora i contenuti siano ospitati da un hosting straniero allora la pagina o il sito verranno "oscurati". Questo non è un metodo nuovo: in Cina per esempio funziona già benissimo da anni.

Le implicazioni di una simile delibera sono enormi e inimmaginabili. Cosa si può fare? Potete firmare la petizione di sitononraggiungibile.it e partecipare all'appello di Avaaz.org contro la nuova legge bavaglio. Potete scriverne sul vostro blog, se ne avete uno, o partecipare al passaparola. Per approfondire l'argomento vi consiglio di consultare agoradigitale.org, dove sono aggregate parecchie notizie e link sull'argomento e le relative iniziative, o leggere le approfondite e complete faq di sitononraggiungibile.it.

I(ro)Nic

lunedì 4 luglio 2011

Wimbledon 2011: Nole mission complete!


2 Febbraio 2004 – 4 Luglio 2011 questo è il lasso di tempo trascorso affinché qualcuno che non si chiamasse Roger Federer o Rafael Nadal riuscisse a salire in vetta al ranking ATP. Più di 7 anni di duopolio, inizialmente solo svizzero, con quel record di 237 settimane consecutive tra il Febbraio 2004 e l’Agosto del 2008 in cui nessuno è stato in grado di spodestare Re Roger. Poi l’arrivo del maiorchino, la sua crescita esponenziale e l’inizio dell’alternanza per quasi altri 4 anni, sempre senza che nessuno riuscisse ad intromettersi. Per questo ciò che è accaduto ieri, ma che comunque è figlio di tutto questo 2011, è qualcosa di sensazionale: Novak Djokovic nuovo numero uno a soli 24 anni. La crescita di Nole è stata costante ma dall’inizio di questa stagione il balzo in avanti è stato veramente significativo. Il serbo è cresciuto in tutto, tecnicamente, fisicamente e soprattutto mentalmente. Che fosse un iceman capace di reggere al meglio le pressioni lo si era già visto più volte, ma ora lui è in grado anche di usare questa sua capacità di rimanere lucido al momento giusto, anche quando serve veramente. Ieri si è aggiudicato per la prima volta Wimbledon, il torneo del Grande Slam più bello e antico di tutti. La partita in se è stata la sintesi perfetta del duello Djokovic – Nadal del 2011, finito anche questa volta come i precedenti 4 incontri disputatisi quest’anno tra i due campioni. 
I parziali, 6-4, 6-1, 1-6, 6-3 parlano di un primo set molto combattuto, giocato game su game senza che nessuno concedesse nulla fino al decisivo break nell’ottavo game in cui Nole riesce a rubare il turno di battuta all’avversario e per poi chiudere con il suo. Il secondo set è impressionante perché Nadal non riesce a reagire, non sa come difendersi dal tennis intelligente del serbo che, senza abboccare al gioco puramente fisico dello spagnolo, tiene i suoi turni di battuta e ruba quelli dell’avversario opponendosi con astuzia e facendolo corre come un matto da una parte all’altra del campo. Nel terzo set si vede la freddezza e la lucidità di Nole che, avanti di due set se ne prende uno per riprendersi fisicamente, senza paura di un possibile ritorno del maiorchino, rinfrancato ed esaltato dal set conquistato. In particolare si vede l’astuzia di Nole nel chiudere sempre in fretta gli scambi, senza dispendio d’energia e l’1-6 finale ne è la prova. Djokovic però inizia il quarto e decisivo set come se nulla fosse successo, ritornando a macinare il suo tennis, ben consapevole di avere le armi giuste per abbattere Nadal, nonostante questo sembri ora molto più sicuro. Finisce come avete visto, Djokovic conquista Wimbledon e Rafa a fine gara afferma: "E' stato superiore, soprattutto nei punti importanti. Il mio gioco non gli fa male. Ora dovrò trovare nuove soluzioni". Una precisa presa di coscienza, molto apprezzabile perché fa capire che anche lui, dopo 5 sconfitte su 5 incontri contro il serbo in questo 2011, ha compreso che il suo tennis fisico monotematico funziona con tutti tranne che con Nole, il quale ormai ha definitivamente alzato l’asticella e ora starà agli altri riuscire a raggiungerlo. Francamente oltre a Nadal non vedo seri pretendenti, Federer ormai fisicamente (e anche mentalmente) non regge più per un intera stagione, rimane un fantastico giocatore capace di sporadici exploit (la vittoria in semifinale del Roland Garros, unica sconfitta di Djokovic in tutto il 2011 è stata sensazionale) ma dubito possa tornare sui suoi livelli stabilmente. 
A fine gara Nole assaggia l'erba di Wimbledon
L’altro “Fab Four”, Murray, sembra sempre sul punto di esplodere e puntualmente fallisce. Ha la stessa età di Nole ma possiede una maturità (non solo tennistica) totalmente diversa, rimane un giocatore pigro, poco propenso al sacrificio, inadatto a mio avviso ai 5 set dei 4 tornei del grande slam. Può ancora migliorare molto ma non so se riuscirà mai a raggiungere quel livello. Nadal dovrà lavorare parecchio però questa nuova classifica Atp penso faccia solo del bene al tennis in quanto finalmente si è rotto questo duopolio, e si è dato il decisivo slancio a Rafa affinché possa migliorare quel tanto perché in fondo ha solo un anno in più di Nole e le possibilità che questi due continuino a sfidarsi, scambiandosi lo scettro di miglior giocatore al mondo, ancora per molti anni, ci sono tutte! Per concludere vorrei elencare un po’ di numeri che hanno portato Djokovic in vetta: 49 incontri disputati nel 2011, 48 vittorie (43 consecutive), 1 sconfitta; 2 tornei del grande Slam vinti (Australian Open, Wimbledon), 4 Master 1000 (Indian Wells, Miami, Madrid, Roma) e due Atp 500 (Dubai e Belgrado). 

Mywo